Se volessi essere dolce per qualcuno come i boccioli rosa di un albicocco in fiore, lascia che sia io. Se volessi permettere a qualcuno di perdersi nei tuoi occhi dove si può vedere la bellezza della terra in cui vivi, lascia che sia io.
Se volessi mostrare a qualcuno come volare spinto dalla brezza d’estate che soffia al tramonto, lascia che sia io. Se volessi prendere il cuore di qualcuno con le tue labbra dello stesso sapore del mare, lascia che sia io.
Se dovessi aver bisogno di qualcuno che sappia seguirti da lontano senza perderti mai, nemmeno un momento, lascia che sia io. E se tutto questo resterà solo un sogno, lascia che sia io.
Nella storia della letteratura mondiale vi è un capolavoro assoluto, scritto in tedesco, nel 1797, da Johann Christian Friedrich Hölderlin (immagine a sinistra), un testo in cui la tensione poetica non è inferiore a quella di autori considerati insuperabili, come Dante Alighieri e William Shakespeare. Quest’opera è Hyperion oder der Eremit in Griechenland (Iperione o l’eremita in Grecia). In essa, è narrata la storia del giovane eponimo greco il quale, tornato nella sua terra e trovatavi una situazione politica catastrofica, scrive all’amico Bellarmino, rimasto in Germania, raccontandogli le sue esperienze. Iperione vive nella metà del XVIII secolo nella Grecia Meridionale, immerso nella natura, dove, introdotto dal saggio pedagogo Adamas al mondo eroico di Plutarco e a quello incantato delle divinità greche, si appassiona alle antichità del suo Paese. Più tardi, conosce Alabanda, unico a condividere i suoi ideali riguardo un progetto di liberazione della sua patria, pur non condividendone la visione sul ruolo dello Stato. Poi, l’incontro con Diotima, a Kalaurea, della quale finisce per innamorarsi e che durante un viaggio, di fronte alle rovine di Atene, gli infonde la forza per tramutare i suoi ideali in azione. Il giovane, così, partecipa alla guerra di liberazione della Grecia dai turchi. La lotta, però, lo cambia profondamente: viene ferito gravemente, Alabanda deve fuggire perché ricercato e una lettera gli annuncia la morte di Diotima, consunta dal dolore perché lo crede morto. Iperione comincia a vagare senza meta e senza scopo. In Sicilia, alle pendici dell’Etna e, poi, in Germania. Decide, infine, di tornare in Grecia, dove inizia una vita di eremitaggio, scoprendo, ancora una volta, la bellezza della natura, nella quale risuona la voce della sua amata Diotima. Riesce, così, a superare la tragicità della sua solitudine. La poesia di quest’opera insegna ad amare la Grecia, terra dal cui spirito e da quello del cui popolo, parafrasando un altro grande connazionale di Hölderlin, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, è nata tutta la nostra civiltà occidentale.
Quando Dio distribuì la modestia io ero al bar a bere un paio di Gin&tonic.
Un milione di parole d’amore non valgono anche poche gocce di sudore di due corpi che si stringono e si amano.
Una madre non ha bisogno di scrivere poesie. I suoi pensieri sono già poesia. Di semplicità, di assoluto, di amore, di quanto le accadrà nel grembo, di dolore.
I poeti sono così abili a celebrare quanto sono incapaci di farsi amare.
L’amore non chiede nulla in cambio se non il rispetto.
Amo le donne la cui bocca sa di vodka&lime e odio quelle le cui parole profumano di vacuità!
Un libro è un bacio clandestino. È odore soffocante di donna, è un’ora di passione affamata, è il piacere a lungo cercato. Un libro è un atto d’amore solitario, è un amplesso furtivo. Un libro è godimento insaziabile. Io amo i libri. I libri sono le mie puttane!
La poesia non è nei versi del poeta, ma negli occhi di chi la ispira!
Non desiderare la donna d’altri. Il comandamento più anti-vitale di tutti. E quello che amo infrangere di più!
La prosa è una mano tesa al lettore che lo accompagna per sentieri di carta e di inchiostro. La poesia è un calcio un culo che lo spinge a scoprire il mondo!
Ogni uomo dovrebbe adorare le donne come adora la propria madre, siano queste sorelle, mogli, figlie, amiche. La donna-madre è l’epitome del principio femminile dell’Universo.
Diego Armando Maradona non calciava punizioni, dipingeva poesie!
Ogni madre è l’Universo!
Talvolta si entra in paradiso soltanto attraverso le porte dell’inferno!
Le psicologhe delle donne sono le parrucchiere e i barbieri quelli degli uomini. I miei sono i baristi.
La poesia è il ponte tra gli anni delle nostre vite.
Ogni libro parla di altri libri, allo stesso modo in cui ogni donna parla di altre donne.
La storia rende racconto eventi apparentemente quotidiani e normali, trasfigurando le esistenze e le azioni degli uomini nel ricordo immortale.
La donna è una macchina meravigliosa il cui funzionamento nessun uomo potrà mai imparare a comprendere.
La poesia non ha bisogno del noto. La realtà della poesia è l’immaginazione e la meraviglia. E lo stupore!
Il sonno notturno è la metonimia di quello eterno. Nel secondo, però, non vi sono sogni!
Talvolta, una donna è capace di racchiudere nel suo cuore l’intera storia del mondo.
La poesia è spiritualizzazione di carne e di sangue, è materia che diventa pensiero. È corpo che si fa canto!
Gli uomini non capiranno mai le donne, ma le donne non capiranno mai di uomini.
Il pentimento, l’espiazione della pena e finanche i nuovi costumi, non cancellano mai la condotta morale che li ha generati.
Una donna capace di ispirare versi (la bellezza della poesia è in rapporto univoco con la sua ispirazione) non ha bisogno di nulla e di nessuno. Quei versi gridano al mondo che ella basta a se stessa. Che ella è una dea!
Amo, allo stesso modo, le diciottenni e le quarantenni, per ciò che esse mi raccontano: le prime, i loro sogni, le seconde, le loro disillusioni.
Preferisco essere il problema, non la soluzione.
Un vero uomo può ancora scegliere la propria donna. All’imbecille non resta che farsi scegliere e farla innamorare.
A volte anche in un certo tipo di dolore può esservi qualche forma di bellezza.
Molti uomini sono, per le donne, come zerbini sui quali esse lucidano le proprie scarpe, che altrimenti rimarrebbero sporche.
Si è veramente felici quando non si sente il bisogno di entrare in alcuna macchina del tempo!
Una donna non è mai, mai d’altri. Essa è solamente di se stessa. E della sua meravigliosa unicità!
Si può lottare e vincere contro chiunque, tranne contro gli imbecilli oltremodo assistiti dalla fortuna.
La catarsi artistica è essenzialmente immedesimazione.
Vorrei fare con il tuo cuore ciò che il primo sole di primavera ha fatto con la mia magnolia!
La bellezza delle donne è nella loro complicata semplicità.
La verità non è mai offensiva, lo sono le bugie.
La donna è il centro dell’Universo. La donna-madre è l’Universo!
Divertitevi, perché il Regno dei Cieli è lontano!
Il ricordo di una donna, intesa come ispirazione poetica, non proietta mai l’uomo nel passato, né fa rivivere questo nel presente. Quella donna appartiene a una dimensione continua, che perpetua se stessa nell’eternità fuori del tempo.
Non mi piace chiedere, mi piace meritare.
Divina è la mistica di una donna che, coi capelli legati a chignon, li scioglie. E li lascia cadere sul collo.
Quando due anime belle si incontrano, danzano insieme e la danza diventa quello che sarebbe potuto accadere o che accadrà.
La donna è arte. All’uomo resta soltanto l’essere artista.
La modestia è soltanto una maschera indossata dagli uomini senza qualità.
Non importa definire ciò che sono un uomo e una donna in relazione. Qualunque cosa siano, importa che la vivano!
La solitudine può essere l’aristocrazia di alcune menti maschili, ma il corpo di una donna, che si muove negli occhi di un uomo, e la sua anima, che vive nella mente di qualsiasi uomo, ne sono splendente regalità!
Soltanto chi crede in Dio, qualsiasi Dio, può essere superstizioso. La superstizione e la religione, infatti, hanno le stesse matrici: la paura e l’ignoranza. In fondo, la superstizione è anch’essa una forma di religiosità, meno sofisticata e ancora più immediata!
Un dissoluto vale, almeno, cento sobri! Questo lo hanno insegnato le storie dell’arte figurativa, letteraria, musicale, amatoria.
Molte donne sono abili a pretendere e ottenere dagli uomini ciò che esse non vorranno mai loro concedere.
Un bel corpo è sicuramente più eccitante di una bella mente.
È il tempo a giudicare l’artista, non il successo, anche perché, la quasi totalità dei fruitori, non capisce nulla di arte.
La buona educazione è l’unico vero abito elegante che un gentiluomo deve indossare. Essa è il frac del gentiluomo.
La critica del relativismo, in filosofia, in politica e in religione, presuppone il dispotismo e la dittatura del pensiero epistemologico, sociale e credente!
Le mezze misure sono per le mezze persone. Gli uomini veri prendono l’intero, nell’uno o nell’altro verso.
Gli esseri umani preferiscono soffrire separatamente piuttosto che essere felici insieme.
Basta anche soltanto la brusca frenata di un tram per avvertire la leggerezza e il delicato profumo di ciò che sembra essere venuto dal cielo!
Nel dizionario della mia generazione il lemma felicità è divenuto sinonimo di nostalgia.
La volgarità è l’unico modo d’esprimersi per farsi comprendere da quegli imbecilli che se ne scandalizzano.
Il confine tra arte e semplice poiesi è fin troppo labile. L’arte è negli occhi di chi guarda, a patto che questi, quando necessario, siano opportunamente guidati dall’artista.
Indossare i propri abiti migliori spesso non serve. Bisognerebbe vestirsi di stracci, specialmente dinanzi a coloro i quali non conoscono che cenci e canovacci.
Sono abbastanza certo che la seguente possa essere una delle cosiddette verità di natura: quando una persona, uomo o donna che sia, seppur piena di spasimanti, rimane sola, o non valgono nulla gli spasimanti, o non vale nulla quella persona.
Si ci ostina a giustificare i comportamenti altrui, sovente incolpando se stessi, senza rendersi conto che, spesso, si è stati soltanto, semplicemente e candidamente, presi per il culo.
L’assurdo nella vita è fantasticare di cose che qualche tempo prima erano state reali.
Chi si accontenta, è fesso!
Coloro i quali chiamiamo onorevoli, sono quelli che maggiormente ci disonorano.
È il vizio, in definitiva, ciò che distingue l’uomo dall’animale.
Nell’avere successo spesso la bravura è soltanto la variabile indipendente di quella funzione chiamata fortuna.
Gli uomini incantati dalle donne e abili a comporre versi sostituiscono, all’uopo, il testosterone con la poesia. Le donne, invece, hanno poesia e tutto il resto. Sempre!
Nei paesi civili, accusa, processo e condanna sono il cursus honorum dei delinquenti. In Italia, quello dei politici.
La solidarietà femminile talvolta, può essere più pericolosa della complicità tra assassini.
Quando l’amore diventa fastidio vuol dire che il mondo dei fenomeni è definitivamente alla frutta.
Le poesie non le scrivo. Le poesie le vivo!
Che meraviglia le donne, specialmente quando profumano di borotalco!
Quando un certo tipo di persone mi manifestano apprezzamento a vario titolo, beh, inizio seriamente a preoccuparmi!
La democrazia grammaticale ha le stesse controindicazioni di quella parlamentare!
Alla mia età le storie d’amore o durano un mese o tutta la vita.
Il valore di un uomo di potere è determinato dalla valentia dei propri collaboratori e di quanti dai quali si lascia accompagnare.
Ormai c’è così tanta abitudine a camminare nel fango che quasi nessuno è in grado di percorrere sentieri asciutti!
Nel mondo di oggi l’amore è un problema personale, non più un affare di coppia.
La questione morale per la sinistra italiana ha lo stesso valore della Donazione di Costantino per la Chiesa cattolica.
Orfeo non butterà mai la sua lira, nonostante muoia una Euridice ogni giorno!
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La bellezza di una donna non è nelle sue forme, né nei rapporti che l’occhio percepisce tra esse. La bellezza di una donna è il numero aureo della sua sostanza, la divina proporzione della sua estensione. Essa è misura del respiro dell’anima di chi è in grado di contemplarla!
L’Amore materno è l’archetipo di tutto ciò che gli uomini chiamano amore. È il modello con cui la Natura ha vivificato qualsiasi tipo di affezione positiva leghi tra loro le creature viventi: l’amore fraterno, parentale, amicale, relazionale, carnale e omosessuale. L’Amore materno è il canto della Natura, il germoglio della vita. Esso è fatto di carne e di sangue, di cuore e di battiti, non di versi dei poeti, perché l’amore dei poeti non dà la vita, celebra soltanto ciò che dà la vita. L’Amore materno è la prova naturale del fatto che la Donna-Madre sia stata incoronata e messa a sedere sul trono dell’esistenza. Nella religione della Natura, di cui io sono fedele, la Donna-Madre è l’unica divinità da adorare. Benedetta, dunque, la Donna-Madre, seme della storia del mondo, fiore della passione, origine e fine della vita.
Di che colore è l’anima di una Donna? Non è bionda, rossa o mora come i suoi capelli, non è azzurra, verde o nera come i suoi occhi, non è cremisi come il suo rossetto, né pastello come il suo ombretto. Essa ha il colore del fiore della vita, il colore della storia del mondo, del ciclo delle stagioni. L’anima di una Donna non ha colore che possa essere percepito distintamente. Essa ha il colore di una coppa di luce, dalla quale bere fino a ubriacarsi e perdere i sensi e al risveglio trovarsi di fronte a una porta spalancata, dietro la quale c’è uno specchio. L’anima di una Donna è uno specchio. Lo specchio non ha colore, riflette ciò che ha davanti. Guardate una Donna e vedrete voi stessi, la vita, la storia del mondo e del tempo.
Se volessi farle provare il dolore fisico che lei non può infliggerti, perché è più debole; se volessi che provasse il dolore morale, col quale può annientarti, perché è più forte, ricorda. È una donna: l’unica creatura capace di renderti completamente uomo!
Le donne non sono belle o brutte, stupide o intelligenti, dolci o insensibili, ragionevoli o caparbie, leali o disoneste, sincere o bugiarde, poesia o maldicenza, vergini o puttane. Esse sono così, semplicemente, meravigliosamente, e, unicamente, donne.
Quanto è poco materna la donna, oggi. È nella maternità che essa sublima la sua natura superiore, non negli smalti o nei belletti, nei tacchi e nelle silhouette filiformi. Bisognerebbe tornare ai tempi in cui Tiziano dipingeva le sue Veneri e, molto più indietro, al matriarcato delle società delle origini, quando gli uomini veneravano, nella Dea Madre, il grembo della Donna Madre.
La superiorità della donna sull’uomo è anche, ma non solo, nell’uso “politico” che ella fa dei propri ormoni: l’uomo usa il testosterone, peraltro non sapendolo controllare, unicamente per procurarsi, attraverso la donna, piacere, laddove la donna, sguinzaglia l’estrogeno per taglieggiare e annichilire l’uomo, che non ha alcuna possibilità di opporvisi. Tutto il resto, sono canti di poeti e bestemmie di cornuti!
Strambo e bislacco popolo quello italiano o, almeno, una parte di esso: si protesta, stracciandosi le vostri come farisei, contro l’approvazione del divorzio breve, come se l’essenza profonda del matrimonio fosse soltanto un affare tra burocrati o la benedizione, conto terzi, di un uomo vestito in modo stravagante. E l’amore? E la spinta a intravedere nell’altro colui o colei con il quale trascorrere il resto della propria vita per costruirne altre? Strambo e bislacco il popolo italiano, per non dire altro!
Zeus si tramutava in cigno, in toro, in nuvola, e ingravidava tante donne. Il Dio cristiano, più dialetticamente, si trasformò in Spirito Santo, e ne ingravidò una soltanto. Favole! Greche le prime, giudaica la seconda. Le prime, però, produssero Cultura, Letteratura e Filosofia, la seconda, schiavitù morale, Indice dei libri proibiti, ritardo alla scienza, roghi di innocenti, lo IOR e anelli di diamanti per il papa!
Combattere fino alla morte è un imperativo e fa di ciascuno un eroe. Ma è pur vero che, chi seguita a combattere con la evidente certezza di perdere, a causa dell’incommensurabile disparità di forze, non è un eroe. È un imbecille.
La verità, il più delle volte, si nasconde soltanto agli occhi degli innamorati e degli imbecilli (non c’è collegamento tra questi due stati). Solamente gli imbecilli, però, nascondono la verità, salvo, poi, essere quasi sempre smascherati. Anche dagli innamorati!
L’unica cosa che mi interessa è il mio estratto conto. Ormai, ci hanno monetizzato anche l’anima e i sentimenti. Tutto è prezzo. Siate orgogliosi di pagare i sentimenti. Pagate con fierezza per avere un bacio, così come per mezz’ora d’amore per strada, perché, quando vorrete donarvi a qualcuno, questo vi chiederà soltanto il conto. Belzebù è un agente di commercio migliore di quello che vi hanno insegnato i preti!
Ogniqualvolta, in Italia, il legislatore metta mano alla regolamentazione circa la presenza di donne nelle liste, si compie un atto, a mio giudizio, discriminatorio e sessista. Non perché la legge in sé presenti particolari vùlnera, quanto piuttosto poiché è un vulnus la legge stessa. L’inserimento di donne nelle liste e, auspicabilmente, la loro elezione ai consessi civici, dovrebbe essere spontanea e non regolata da alcuna legge. Sentire l’esigenza di emanare una legge e, quindi, l’obbligatorietà, per garantire una certa quota di donne nelle pubbliche amministrazioni è già, di per sé, un’offesa alle stesse. Inoltre, il terrore dei candidati maschi di vedersi dalle donne superati, in termini di voti, grazie alla doppia preferenza, e il conseguente invito, sovente espresso al proprio elettorato, a non esprimere quella doppia preferenza, bene dimostra quanto ancora si sia lontani da un sereno rapporto reciproco, almeno in termini elettorali, tra uomini e donne. È così, come direbbe Cesare Beccaria, che, in Italia, va il mondo dei delitti e del(le) pene!
Per sempre darò all’amore il tuo nome lo porterò a dar luce alle stelle e la più bella di quelle avrà il tuo medesimo nome. Per sempre seguirò quella stella dove la notte si perde nelle tenebre vinte dal nuovo giorno che nasce su un raggio di sole che si colora di verde. Per sempre lascerò che quel raggio m’illumini il viso e riscaldi il mio cuore troppo a lungo deserto perché colmo di cose inservibili. Per sempre, dunque, darò all’amore il tuo nome e continuerò a chiamarti anche se adesso non puoi più sentirmi io chiamerò il tuo nome fino a restar senza voce per sempre.
Passeggiavo di lì, in via dei Fori Imperiali, quei torridi pomeriggi d’estate, solo, col capo chino, a terra a scalciare pietruzze e sassolini. Mi si impolveravano le scarpe, quando passavo davanti la tomba di Cesare, faceva caldo e avevo sete, trovavo sempre quella fontanella. Meditavo, come uomini prima di me, su quelle stesse lastre di selce secoli prima, sospiravo, deliravo, ti bramavo, ignaro di quanto ci sarebbe accaduto. ******* Passeggiavo di lì, in via dei Fori Imperiali e il vento mi agghiacciava il petto, solo, con lo sguardo verso l’alto, tra i pini, a cercare quei torridi pomeriggi d’estate. L’estate di un altro millennio, di un tempo perduto, sparito, mancato, di un desiderio non ancora divenuto reale, di un altro uomo che ero. In Via dei Fori Imperiali, ho innalzato il monumento al mio amore per te, tra le statue di bronzo e i muri di pietre, ho sepolto il mio cuore straziato.
Se mi chiedessi perché non saprei rispondere. Ma poi, a cosa servirebbe? Non mi resta che raccogliere i pezzi rammendare il vestito di te che avrei dovuto indossare per non soffrire il freddo provare a ricordare le parole per permettere al silenzio di ricominciare a parlare, tutte le volte che penserò a te e al tuo sorriso alle tue lacrime e alle mie alle promesse a quello che tu non volevi io facessi a quella piccola Stella che resterà soltanto un’idea una splendida idea come te. E a tutto quello che avrebbe dovuto significare per sempre e invece adesso vuol dire mai più.
Quanto è stata lunga Ti Jean la strada che da Lowell ti ha portato dove non ci sono più strade e quanto sarà lunga Ti Jean la strada sulla quale io dovrò correre per provare a raggiungerti correre sì correre come il ritmo sincopato di una partitura jazz che striscia tra i tasti di un sassofono nero in un locale stretto e fumoso giù a New Orleans come le parole spontanee su un rotolo per telescrivente senza punti né pause libere senza freni nude e senza coscienza parole bruciate troppo in fretta benzina nel carburatore dell’automobile che sfrecciava per le highways d’America da Est a Ovest a Est irrequieta battuta affamata di vita e beata il suo rumore è arrivato dovunque ha corso per tutte le strade del mondo e non si è finora ridotto né può continua è possibile ascoltarne il rombo limpido e chiaro come le notti passate a dormire sui prati e nei boschi nel sacco a pelo fatto di stelle e una bottiglia di bourbon.
Ti avrei raccontato di un luogo oltre le nuvole e gli arcobaleni più iridescenti dove, come anime belle, risiedono tutte le idee. E di come le idee diventassero poi soffio di vita gioiello d’amore sorriso di bimba corpo di donna carezze di madre lacrime dolci. Ti avrei detto che non sarebbe stato un creatore a far tutto questo o un artista ma noi. Avresti avuto i miei occhi blu e la sua bocca dipinta con un pennello celeste, il suo collo e i suoi fianchi perfetti le sue mani amabili i suoi seni stupendi e il suo incanto leggero. Avresti avuto il suo stesso nome e io a chiamarvi e voi a rispondermi nello stesso momento. Sei tu, è lei, non sarebbe importato. È amore. Avresti riso ai giochi che avrei inventato per te letto i libri che avrei scritti per te. Con lei t’avrei aspettata la notte per sentirti tornare, con lei avrei pianto di gioia nel vederti ormai donna, e in te avrei amato il suo essere donna. Ti avrei lasciata andare quando sarebbe toccato a te compiere ciò per cui tu saresti venuta alla vita, ma non t’avrei mai abbandonata. Sarei stato sempre nei pressi e se avessi avuto bisogno t’avrei ancora presa in braccio. Stella, piccola Stella, in quel luogo oltre le nuvole e gli arcobaleni più iridescenti, ti troverò quando verrò a cercarti e con te troverò anche lei. Lì è dove esisti, lì è dove batte il tuo piccolo cuore lì è dove siete e sarete per sempre, al di là del tempo, al di là dell’amore.