Archivi giornalieri: 8 Luglio 2015

Hölderlin, Iperione e la Grecia del 2015

(Un accenno di rilettura, in chiave poetico-letteraria, dell’attuale situazione greca)

  

Nella storia della letteratura mondiale vi è un capolavoro assoluto, scritto e pubblicato tra il 1797 e il 1799 da Johann Christian Friedrich Hölderlin (foto a sinistra). Un testo la cui tensione poetica non è inferiore a quella di opere di autori come Dante Alighieri e William Shakespeare, considerati, dai più, insuperabili. Si tratta di Iperione o l’eremita in Grecia (Hyperion oder der Eremit in Griechenland). In esso, è narrata la storia del giovane eponimo greco il quale, tornato nella sua terra e trovatavi una situazione sociale e politica catastrofica, scrive all’amico Bellarmino, rimasto in Germania, raccontandogli le sue esperienze. Iperione vive nella metà del XVIII secolo nella Grecia Meridionale, immerso nella natura, dove, introdotto dal saggio pedagogo Adamas al mondo eroico di Plutarco e a quello incantato delle divinità greche, si appassiona alle antichità del suo Paese. Più tardi, conosce Alabanda, unico a condividere le idee riguardo un progetto di liberazione della sua patria, pur non accettandone, tuttavia, la visione sul ruolo dello Stato. A Kalaurea, incontra, poi, Diotima, della quale finisce per innamorarsi e che, durante un viaggio, di fronte alle rovine di Atene, gli infonde la forza per tramutare i suoi ideali in azione. Il giovane, così, partecipa alla guerra di liberazione della Grecia dai turchi. Le battaglie, però, lo cambiano nel profondo: viene ferito gravemente, Alabanda è costretto a fuggire perché ricercato e una lettera gli annuncia la morte di Diotima, consunta dal dolore, avendolo creduto morto. Iperione vaga senza meta e senza piani. 1In Sicilia, alle pendici dell’Etna e, poi, in Germania. Decide, infine, di tornare in Grecia, dove vive in eremitaggio, riscoprendo, malinconicamente, quella bellezza della natura, nella quale, adesso, risuona la voce dell’amata Diotima. Riesce, così, a superare la tragicità della sua solitudine. La meravigliosa poesia di quest’opera insegna ad amare la Grecia, terra dal cui spirito e da quello del cui popolo, parafrasando un altro grande connazionale di Hölderlin, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, è nata tutta la nostra civiltà occidentale. È chiaro come i tedeschi dell’XVIII-XIX secolo amassero tanto la Grecia. Perché, mi chiedo, non fanno lo stesso quelli di oggi, a cominciare dalla loro Cancelliera?

 

 

 

Giostre

 

Si conoscono persone, si allacciano legami, relazioni, rapporti che sembrano ineludibili, invincibili, fatti apposta per durare una vita intera. È un bambinesco entusiasmo, sono le caramelle golose sullo scaffale più alto. Se ci capitano fra le mani poi ne gustiamo, avidi e voraci. Perché per vivere bisogna essere affamati. La sazietà è una conseguenza invisibile, la nausea poi. Si perdono persone come spiccioli sopra il nastro scorrevole. Gente che un bel giorno scade e prontamente rimpiazziamo con altra più fresca, forse han migliorato la ricetta. Tutti sulla giostra, avanti, oggi a me domani a te. Si cambia pelle come quei rettili, ieri avevamo un mucchio di cose da dirci, oggi rulliamo la cartuccia e cambiamo il nome. Si conoscono persone che poi si fuggono. In cerca d’altro. Sempre a cercare altro. Stazioni, poi binari, poi navigatori satellitari, fermi, inchiodati ai tabelloni, partenze e arrivi e poi partenze. Che grande fantastico imbroglio.

Patrick Gentile

 

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