Archivio mensile:Luglio 2015

Zolle

 

Le persone sono il risultato delle parole che usano, delle frasi (poche, pochissime e perlopiù “fatte”) che riescono a esprimere, dei lessici che sono in grado di produrre. Più è povero il linguaggio di cui dispongo meno ampio sarà l’orizzonte gnoseologico in cui potrò restituire significato alle mie esperienze, alle mie gioie, alle mie frustrazioni. I significati esistono in quanto esistono i significanti. Se dico: “pazienza, nella vita tutto è possibile” di fatto non ho verbalizzato un bel nulla, ma resto piantato in una zolla vuota di significato e non guarisco.
Per guarire esiste una sola cura. Trovare parole in cui poterci specchiare.

Patrick Gentile

 

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Felicità

 

Esistono milioni di frasi e detti sul raggiungimento della felicità. Su come conquistarla e conservarla. Ma la verità è un’altra. Molto ma molto più triste. La felicità non esiste. Esiste solo la fortuna. 
Da oggi cancello la parola felicità dal vocabolario. E la sostituisco con la parola fortuna. Non foss’altro per giustizia semantica.

Patrick Gentile

 

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La Riforma Protestante e la Controriforma Cattolica

 

A Napoli abbiamo un detto: “La vacca si è tirata le zizze”, quando vogliamo significare la fine di una qualsiasi situazione che provocava profitto, godimento o felicità. Lo strapotere della Chiesa Cattolica Romana, che durava sin dai primi secoli del Medioevo, dovette pur finire e l’inizio della fine cominciò in Germania, detta, dagli inizi del ‘500, la mucca personale del papa, perché nei suoi territori, grazie alla vendita delle indulgenze, i successori di San Pietro e i loro dipendenti, stavano raccogliendo la maggior parte dei danari per la costruzione dell’imponente Martin_Lutherbasilica, dedicata al principe degli apostoli, a Roma. Ecco perché, il richiamo al detto napoletano. Chi fu, dunque, a tirare le zizze alla vacca? Fu un monaco agostiniano, chiamato Martin Lutero. Martin Luther (immagine a destra), questi il nome e cognome in tedesco, nacque a Eisleben, l’1 novembre 1483. Studiò all’Università di Erfurt e, a 22 anni, entrò in convento. Qui, si fece subito notare per l’acume e la vis polemica e fu segnalato dai suoi superiori al principe di Sassonia Federico III, che cercava professori per la nuova Università a Wittenberg. Lutero vi insegnò dialettica e fisica fino a che, inviato a Roma per risolvere questioni interne al suo ordine, ebbe modo di constatare quanto fosse in rovina la Chiesa, nel senso che sembrava tutto tranne un’istituzione quale sarebbe dovuta essere agli occhi di Dio e degli uomini e, consapevolmente o inconsapevolmente, cambiò la storia sociale, politica e religiosa del mondo. La goccia che fece traboccare il vaso fu la questione delle indulgenze. Cosa era successo: per racimolare i soldi per finanziare la costruzione della Basilica di San Pietro a Roma, i papi promettevano la remissione dei peccati per i vivi e gli sconti in Purgatorio per i morti, a quanti avessero pagato somme di danaro in proporzione alle proprie colpe. L’affare era molto redditizio, perché la raccolta delle indulgenze era data in appalto ai potenti locali, che ingaggiarono predicatori molto furbi e abili a raggirare i fedeli. Il caso più eclatante fu quello di Alberto di Hohenzollern, principe di Brandeburgo, il quale aveva pagato diecimila ducati al papa per avere l’arcivescovato di Magonza e che, dalla vendita delle indulgenze, avrebbe ricavato il necessario venditada restituire a chi gli aveva prestato i soldi, più un’altra consistentissima offerta per la basilica. Questi, poté contare sul più abile ciarlatano e truffatore di tutta la Germania del tempo, migliore di Vanna Marchi e della figlia messe insieme: il frate domenicano Johann Tetzel. Fu così bravo a vendere “perdoni su misura” che i principi confinanti con il regno del suo datore di lavoro gli impedirono di entrare nei loro territori, perché anch’essi stavano allattando alla grande la mucca delle indulgenze. Un giorno, il domenicano raggiunse alcune parrocchie vicine a quella di Lutero per vendere le indulgenze ai suoi parrocchiani. Quando questi si presentarono da lui con la pergamena benedetta, dicendogli che non avrebbero dovuto più pentirsi e confessarsi, perché tanto era stato messo tutto a posto con qualche soldo, Lutero non ci vide più e, il 31 ottobre 1517, affisse sulla porta della Cattedrale di Wittenberg le famose 95 Tesi contro le indulgenze. Guai, però, a interferire negli affari della Chiesa Cattolica!, Nonostante le Tesi luterane fossero soltanto contro le indulgenze e non contro il papa o la Chiesa, i tuoni da Roma non tardarono ad arrivare. Sulle prime, papa Leone X fece solo un richiamo ufficiale ai superiori di Lutero, affinché lo tenessero buono e lasciassero che i traffici proseguissero in santa pace ma, poi, qualche tempo dopo, lo fece chiamare a Roma per discutere, de visu, delle sue idee.Pope-leo10 Per intervento del principe Federico, che lo proteggeva, il processo al monaco fu trasferito in Germani. Le cose, tuttavia, non cambiarono, perché Lutero non ritrattò un bel niente davanti al vicario del papa. Leone X (immagine a destra) non perse tempo e, nel 1520, emanò una bolla, Exurge Domine, con la quale invitava Lutero a ritrattare e a presentarsi a Roma, pena la scomunica. Il riformatore, per tutta risposta, la bruciò pubblicamente, insieme con libri di diritto canonico. La miccia era stata accesa e la Germania era in subbugli. Il nuovo imperatore Carlo V appoggiò la politica del papa, il quale, nel frattempo, aveva scomunicato Lutero, e, nella dieta di Worms, lo giudicò eretico, nemico del popolo, mise al bando tutte le sue dottrine e, in più, chi l’avesse ucciso non sarebbe andato in galera. La situazione, per lui, si fece pericolosissima, tanto che il suo protettore ne inscenò il rapimento, nascondendolo nel suo castello e facendolo stare tranquillo per un po’. Le idee di Lutero contagiarono anche principi, nobili senza feudo, cavalieri senza cavallo e morti di fame. Ci furono guerre e battaglie, con numerosissimi morti e feriti. Lutero, dal canto suo, disapprovò queste violenze, si dedicò alla scrittura, abbandonò l’abito monacale, sposò una ex suora, ebbe sei figli e costruì tutto l’impianto dottrinale del luteranesimo o protestantesimo. La rottura con la Chiesa di Roma fu definitiva. Questa, però, tentò di riorganizzarsi e, alla Riforma Protestante, fece seguire la Controriforma Cattolica. Come si dispose, quali misure adottò, come cercò di contrastare i protestanti? L’atto più importante e significativo fu la convocazione del Concilio di Trento. Nel 1545, papa Paolo III aprì questa commissione di cardinali, riunitasi per cambiare tutto quello che non andava e per riaffermare quello che a loro parere doveva rimanere com’era. In prima istanza, il Concilio sconfessò tutte le dottrine dei protestanti, giudicandoli eretici e dichiarando loro guerra. concilio-trento-quadro.1200Per quel che riguardava se stessa, serrò i ranghi, pretese una maggiore istruzione, a cominciare dai preti di campagna che spesso non conoscevano il latino e, in materia teologica, erano molto debili, obbligò i vescovi a risiedere nelle proprie diocesi, confermò l’assolutezza di alcuni dogmi, come la transustanziazione, ovvero quel miracolo secondo cui l’ostia e il vino nel calice diventano veramente il corpo e il sangue di Cristo, ribadì il valore dei sacramenti, che pure erano stati messi in dubbio da Lutero, e rinvigorì il culto dei santi, delle reliquie e della Madonna. Cercò, poi, di porre fine alle oscenità che erano perpetrate alla corte dei papi, come durante il periodo di papa Borgia e altri. Il successore, papa Paolo IV, fu molto più pratico, rafforzò l’Inquisizione, diretta da sei cardinali e presieduta dal pontefice stesso, con i suoi tribunali sparsi dovunque, e stilò il primo Indice dei libri proibiti nel 1559: in questo catalogo furono inseriti il Decameron di Giovanni Boccaccio, il De Monarchia di Dante, tutte le opere di Niccolò Machiavelli e Pietro Aretino, le novelle di Masuccio Salernitano, tutte le Bibbie tradotte in volgare, le poesie di Luigi Pulci e Francesco Berni eccetera, eccetera, eccetera. Ho citato solo alcuni tra i più famosi ma, in verità, la lista dell’Indice era più lunga di quella degli iscritti alla P2. Torture e roghi furono distribuiti in tutta Europa con precisione scientifica. Un’altra importante misura fu la creazione di nuovi ordini monastici: i Cappuccini, i Teatini, i Somaschi, i Barnabiti, le Orsoline e i Gesuiti, ordine fondato da Ignazio di Loyola, con l’intento di essere da modello di vita per i fedeli, di istruirli e di essere più vicini alle loro esigenze. Per quanto riguarda la letteratura, chi si mise a scrivere da quel momento in poi dovette stare molto attento. Bastava, infatti, soltanto possedere un libro proibito, che le bestie dell’Inquisizione intentavano un processo, torturavano e bruciavano vivi. L’elenco dei martiri sarebbe troppo lungo, ma vorrei ricordare Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei, assassinati o torturati per le loro idee. Galileo_Inquisizione_480Il mestiere di esprimere le proprie idee le quali, guarda caso, il più delle volte erano contrarie, se non antitetiche, a quelle di Santa Romana Chiesa, divenne più pericoloso di quello del soldato, come se quasi si morisse più facilmente pensando e scrivendo che combattendo, ma, nonostante ciò, ci fu ci continuò a usare la ragione, a voce o per iscritto. A questi uomini, che furono e sono i veri santi, devono andare le nostre preghiere e le nostre lodi. In questa cupa, tremenda, terribile, infame e angosciosa desolazione culturale voluta dalla censura della Chiesa Cattolica, contrapposta all’oro e alle decorazioni barocche degli edifici sacri, che si andavano costruendo in quegli anni, vi sono stati autori dei quali vi parlerò certamente in qualche altra occasione. Queste mie ultime parole, sicuramente forti, non devono, però, essere prese alla lettera: la desolazione culturale non vi fu neppure nel Medioevo, figuratevi nel Rinascimento. Ma, come ho già detto, il Vaticano condizionò così tanto la vita culturale europea di quel periodo, che, per lo meno, tardò l’esplosione delle nuove idee, quelle che saranno il lievito della Rivoluzione scientifica e, più tardi, dell’Illuminismo. Come vedete, per fortuna, il corso del pensiero e della ragione non poté essere arrestato, neppure da una mappata di… beh, lasciamo perdere!

 

18 luglio 2015. Massa Lubrense. Residence Gocce di Capri

 

Serata estiva “fuori porta” per la Libreria Indipendente di Sorrento

Presentazione del thrilller di Mario BasileProtocollo Vienna”, Sidebook Edizioni, 2014.
Un messaggio criptato, le ultime volontà di un uomo in fuga. Mark Blak, docente di Harvard, si troverà coinvolto, suo malgrado, in un piano criminale per sovvertire l’ordine politico del suo Paese. Sull’America l’incubo di un virus dagli effetti più devastanti dell’ebola. Durante la sua avventura, Mark sarà affiancato dalla bella detective Michelle Santana e potrà contare sull’amicizia del suo ex alunno Tony Barton. In una escalation di emozionanti colpi di scena, i tre si troveranno ad affrontare il Maestro, un uomo misterioso che, nell’ombra, dirige e guida un gruppo di uomini e donne senza scrupoli. Ma non tutto è come sembra.”
Presentazione e intervista all’Autore di Riccardo Piroddi. Interventi di Benedetta De Nicola.

Teatro leggero, poesie e Tango
In apertura, lettura della poesia “Tango” di Nino Casola. Passi di Tango di Marilena Altieri e del M° Nello D’AuriaRecita de “L’attore”, breve pièce scritta da Mimmo Bencivenga, interpretata da Marilena Altieri e Nino CasolaLettura della poesia di Guido CatalanoTi piacerebbe andare a more?” di Benedetta De Nicola. Rappresentazione di “L’arte di non dir nulla” di Mario Mongiovì, inscenata da Mario Mongiovì e Nino Casola. Recita della poesia di anonimo “Il politico”, di Pasquale Carrino, con un pensiero di Luigi Pirandello e i versi di Eugenio Montale. Sketch di Mimmo BencivengaSocial Card”, recitato da Marilena Altieri e Benedetta De Nicola. “L’attrice” di Mimmo Bencivenga, rappresentata da Marilena Altieri e Nino Casola. Altri passi di Tango di Marilena Altieri e del M° Nello D’Auria.
Organizzazione generale e musiche di Mimmo Bencivenga. Consulenza tecnica di Frenk Tortora. Dovuti ringraziamenti, per la cordiale ospitalità, al padrone di casa, Marco Cocurullo.

 

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Crescere

 

Si cresce quando si diventa capaci di separarsi, quando si comincia a capire che le cose sono temporanee, quando si smette di assolutizzare, di impuntarsi, di ostinarsi, dopo aver rotto un po’ di piatti magari. Si cresce quando si accetta che il tempo è passato, i nodi si sono sciolti, il rospo è stato digerito, la fretta è diminuita, le corse, tutte quelle corse a perdifiato, sono finite. E gli obiettivi, i grandi e solenni obiettivi che ci eravamo prefissi con tutte le nostre forze, si sono dissolti, senza fare nemmeno troppo rumore.

Patrick Gentile

 

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Autosservazione

 

Se ciascuno di noi osservasse con una certa attenzione i propri comportamenti, le proprie coazioni a ripetere, le proprie reazioni in base alle diverse circostanze, a poco a poco riuscirebbe a conoscersi, a comprendersi, sia nell’indole che nel temperamento. Intuirebbe i reali motivi che lo spingono a fare una cosa anziché un’altra. E arriverebbe addirittura a non aver più bisogno di drogarsi, o alcolizzarsi, o essere compulsivo e feticista. Smetterebbe di imbottirsi di stronzate e di pasticche. Di ritornelli vecchi come il cucco. La finirebbe di cercare sempre le scuse più banali. E farebbe di tutto pur di placare la propria sofferenza. Perché è lecito, è sacrosanto non voler soffrire.
Se non fosse tuttavia che l’uomo vive per davvero e fino in fondo una sola grande sventura. Quella di rincorrere perdutamente qualcosa che non c’è.

Patrick Gentile

 

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Respirare

 

Un colpo. Qualcosa che si apre. Uno sparo. Partire. Andare lontano, via da tutto. Mare, notti, alberi, discoteche e piscine. Innamorarsi pazzamente, ridere fino a non poterne più. Guardare il sole che sale dal filo dell’orizzonte. Passeggiare sulla sabbia. Piedi nudi. Canottiera, boxer, infradito. Nuova gente, nuove voci, nuove storie, un intero altro libro da leggere. Un’altra giovinezza, cancellare e ridisegnare. Nuovi film, nuova musica. Fare l’amore. E il giorno dopo colazione e poi… E poi infilarsi qualcosa come l’Amazzonia nei polmoni. Respirare.

Patrick Gentile

 

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Freedom City Blues

per Pier Luigi Tizzano

 

I

Anch’io ho visto le menti migliori
della mia generazione distrutte, non dalla pazzia,
ma dall’imposizione alla paralisi, schiacciate, soffocate e graffiate
dal bradipo di acciaio luccicante, sanguinanti nella melassa di un’allucinazione
lisergica e intossicata, rivoli di glucosio marrone zampillare dalle vene
lacere e bucate, placche cristallizzate del colore dell’avorio guasto,
dal fiato greve di scimmia e di gin.
Stipate, costrette e ingabbiate tra sbarre
d’etere e foglie d’acanto, marmo di Paro
per idoli ignoti e spietati, déi finti e impostori che svettano
tra nebbie velenose e miasmi all’idrogeno,
al suono cieco di tamburi di tenebra
e trombe di manganese fuso.
 
Rami nodosi avvolgono e riducono a brandelli
il fegato pulsante e grondante bile scura,
gocce vaporose ne cadono sul terreno
impastato di croste e tungsteno incandescente
da cui germogliano corone di spine e scettri di canna
pieni di linfa morta e pestilente,
mentre caducei circolari inanellano organici decomposti
e stecchi di delta-9, pietre di quarzo e lamine d’oro,
donnole imbalsamate e aeriformi al cloroformio.
 
Lupi con le zampe lorde di fango viscoso
urlano davanti alle mura di calcestruzzi di risulta,
stemperati con incubi e ghiaie di fiumi
prosciugati dal sole alogeno a basso consumo;
sentinelle con scudi di plexiglas
e lanciafiamme a combustione interna
in garitte di guardia con fari al cherosene
bruciano la strada battuta da transgender vogliosi
e lastricata con le ombre dei vagabondi
dalle barbe pesanti e i cappelli a cilindro
che portavano boccette piene di ovatta imbevuta,
morti di fame, di freddo e di isteria.
 
Canti di capri risuonano tra la vaga caligine livida,
pezzi di carne sporca riscaldano
gli intestini retti e arrossati,
galloni di seme liquido e gommoso allagano gole
prone di schiavitù e dominio,
muschio strappato alla radice e sputato
su lastre epidermiche lisciate di borotalco e creme idratanti,
schiere di microscopici coscritti lavano pareti ingorde e senza crepe,
protette da imeni infibulati dalla falsità.
 
Da incubatrici meccaniche, tane di tenie,
ossiuri, cestodi, strongiloidi e ascaridi,
piene di polveri di allume e tartaro, di muco, di sebo e di pus,
bardati di bigiotteria opaca, angeli coi denti marci cantano vomitando
insetti impalati e ali incollate: “Non in commotione,
non in commozione, Dominus”. “God is now back on the road
and he’s floating around with the Bird”.
 
La cicuta e l’olio di sandalo, l’incenso e il cinnamomo,
il miele e la pelle di daino mescolati e bevuti per stanare la bestia,
per spuntarle le zanne e cacciarla,
spingendola fino alle Colonne d’Ercole,
precipitandola nel mare di pece e cobalto
tra gorgoglii che si chiudono sopra l’aroma di benzoino e caffè idrosolubile,
lavando l’onta del peccato originale col mercurio cromo.
Vexilla regis proderunt Inferni verso di noi.
“Welcome to Freedom City. Never loocked back, never feared, never cried”.

 

II

Un soffio di polvere imperlato di diamanti stellati,
accende una luce dai colori trasparenti che,
carica di protoni di follia e di pulviscolo dietilamidico,
dilata i contorni delle cose
eccitando il pistillo del fiore della storia del mondo
dal cui ventre, fecondato dallo psilocybe, stanno per essere partorite nuove gesta.
 
Gli eroi hanno strappato i cuori dei bardi lontani
e se ne stanno cibando,
accrescendo il loro valore e la loro potenza.
Sono pronti a mettersi in cammino,
i peana risuonano fino agli antipodi.
Sospinti da venti di terra e cerchi di fumo, avanzano
Sanno di andare a morte sicura,
già vedono i lumi muti e la terra sconsacrata,
ma sorridono. Le carni saranno dilaniate invano.
Sorridono.
 
Esaltati dalla materia primordiale,
dalle visioni diurne e dal calore dei triangoli di fuoco, avanzano.
Dietro di loro, migliaia di spettri si sciolgono
in rivi di fluido azzurrato che si increspa ed evapora.
E per un’ultima volta, un’ultima parte,
un ultimo passo e un ultimo tempo.
 

 

96.492_02_b02Jess Collins, “Narkissos” (1991), San Francisco, Museum of Modern Art

 

 

Sarà mai possibile una rinascita, fosse anche soltanto letteraria o filosofica? NO, io sostengo, no, per il momento

 

 

“Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche…”. Così si apriva il poema beat di Allen Ginsberg,  “Howl”  (Urlo) che fu letto per la prima volta nel 1955 nella Six Gallery di San Francisco. Una generazione distrutta dal maccartismo, che si annichilì nel consumo di droghe di ogni genere, un periodo che segnò la fine dell’esistenza del comunismo negli Stati Uniti d’America e del sogno di sperare in una società diversa da quella capitalista. Oggi in Italia ci vorrebbe qualcuno che riscrivesse un’opera analoga, ma non ci sono figure intellettuali di quello stampo e quelli che si presumono esser tali, sono assuefatti e annichiliti alle e dalle frequentazioni col potere. Quelli che avrebbero potuto scrivere qualcosa del genere sono già morti da un ventennio e, invece del maccartismo, noi abbiamo avuto il berlusconismo, una parodia isterico consumistica di anticomunismo, e quel sogno è sparito definitivamente anche da noi. La storia, si sa, si ripete sempre due volte, una volta come tragedia e un’altra volta come farsa. Oggi, l’Italia e gli italiani sono spariti nel gorgo di un pensiero mediocre, truffaldino e bugiardo. Non si riesce più ad immaginare niente altro che ciò che si vede e si sente sui media, e: “Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico”, altra profezia proveniente dagli States e annunciata più di quarant’anni fa. Volevamo diventare tutti americani. Anche io lo ho volevo, ma il mio personaleamerican dream inseguiva il sogno dell’arte e della letteratura, appunto. Oggi, siamo diventati la loro parodia, obbligati in uno spazio mentale dove ogni possibilità di immaginare un mondo diverso da quello che ci presentano essere come l’unico possibile è naufragata.  La rincorsa di bisogni politici indotti e veicolati dai media si è trasformata in bisogni e aspirazioni individuali, la soddisfazione dei quali viene fatta passare come lo sviluppo degli affari e del bene comune, ed entrambi appaiono essere la personificazione stessa della ragione. Così, mentre le menti americane si annichilirono e si autodistrussero nelle droghe è anche vero che quegli “hipsters dal viso d’angelo” ci consegnarono un momento alto di letteratura, mentre a noi non è toccato neanche questo. Ma la crisi economica iniziata nel 2008 decreterà l’insuccesso e il definitivo tramonto di questo pensiero unico liberista, come sostengono da più parti sparpagliate comunità no global? Questa crisi potrà davvero rappresentare un punto di svolta rispetto alle politiche di privatizzazione, liberalizzazione finanziaria e smantellamento dei diritti sociali e del lavoro che hanno imperversato a livello mondiale nell’ultimo trentennio? Secondo me no, così come neanche le tesi troppo generiche – a mio avviso – di Alain Badiou, fondate su un volontaristico anelito alle ribellioni sociali, tesi, per altro, già smantellata da uno studioso serissimo e molto più attento di Badiou, quale era Eric Hobsbawm, in suo storico ed importante saggio “I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale”, edito, in Italia, da Einaudi, in un ormai preistorico 1965. La messa in crisi del pensiero unico, secondo il mio punto di vista, dovrebbe coinvolgere più elementi e più piani discorsivi e concettuali: politico, economico, sociologico ma, soprattutto, filosofico. Sul piano politico, bisognerebbe rintracciare (rifondare?) un’entità politica antagonistica a questo sistema di rappresentanze, che organizzasse tutte quelle volontà di rivolta sparse, delle quali parla Badiou. Su quello economico, bisognerebbe seriamente considerare l’ipotesi di una messa al bando del sistema bancario, ovvero, parlare senza più mezzi termini di banditismo bancario e finanziario e, senza rispolverare il collettivismo economico, imporre a questi centri di strozzinaggio legalizzato un controllo da parte dei governi. Su quello sociologico, attivare strategie di dissuasione, attraverso lo smantellamento dei messaggi dei media, ovvero, smascherare, con una educazione alla critica fatta nella scuola e nell’università, il sistema di bugie ordito dai media e che è funzionale ai primi due livelli discorsivi, il politico e l’economico. Resta per ultimo, ma non ultimo, il piano filosofico. Il modo di pensare la filosofia oggi dovrebbe essere quello antico, ovvero: avvalersi del dubbio, del criticismo e della verosimiglianza ermeneutica per l’uomo in rapporto con le cose reali e fallibili e, soprattutto, con la natura: “Se tocchi una cosa in quella cosa ci sei tu”. Dovrebbe essere quella filosofia che indaga il modo di pensare e analizza la logica e il senso delle parole. Dovrebbe essere antiaccademica, teoretica e dialogare con altre discipline. Insegnare a praticare la vita, come un tempo si faceva nelle scuole greche. Senza indicare scopi e colpe da espiare, se non la pienezza di senso nel proprio dasein – del proprio esserci – per un degno percorso quotidiano. Purtroppo, l’attuale società è controfilosofica e allineata alle temperie dei tempi: illusi di sapere e di essere felici, non si vuole capire, pensare, chiedersi cosa implichino certi comportamenti. La cultura laica postmoderna e tutti i più grandi pensatori di ieri e di oggi sono stroncati a priori come “cattivi maestri”, ma, soprattutto, come inutili. La dialettica costruttiva, ovvero il modo di far filosofia, dovrebbe poter incrociarsi con riferimenti a fatti di cronaca e verificare il ruolo e i doveri della filosofia. Cominciare di nuovo a chiedersi  cosa significa conoscere, e discutere della verità e della menzogna, dell’attendibilità o inattendibilità dei media, di radio, di politica, di scuola, di pregiudizi, di certi equivoci di alcune teorie e movimenti, del confronto con le altre culture e con la spiritualità orientale, di preferenze sessuali, d’amore, del conformismo ipocrita che ci impedisce di voler costruire nuovi scenari privati e pubblici ispirati alla consapevolezza e all’onestà. Insomma, un gran lavoro. Non una filosofia della vita quotidiana, per parafrasare Agnes Heller, ma filosofia per la vita quotidiana, benché, non solo. Una filosofia autenticamente democratica. Non chiacchiere sparse, ma conversazioni profonde. Pensare filosoficamente oggi, significherebbe poter praticare questo pensiero e il farlo sarebbe già un buon inizio.

Franco Cuomo

 

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Giovinezza

 

A quarantatré anni sento di aver vissuto tutta la mia vita cercando di comprendere la giovinezza. E adesso so che la giovinezza, pur con la sua profonda drammaticità, è il solo grande aspetto magnifico dell’esistenza umana. Lo splendore nell’erba. Così la cantò William Wordsworth. Così la cantano tutti i poeti. Scoprire e sorprendersi.
Ed è paradossale. Perché scoprendo soffriamo. Ma diveniamo infelici solo quando abbiamo imparato. Così ci sono due tipi di infelicità: la dolorosa infelicità del crescere, costellata di lutti e splendori. E l’infelicità del dopo. Cosparsa di rassegnata mortifera accettazione.

Patrick Gentile

 

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