Archivi giornalieri: 31 Agosto 2015

Il mio personale tributo a Dante Alighieri nel 750° anniversario della nascita 

 

dedicato a tutte le mie Beatrici

 

Quanto riportato di seguito è soltanto un infinitesimo aspetto della grandezza di quest’uomo e della sua opera (dalla mia “Storia (non troppo seria) della Letteratura Italiana”):

Ci pensò proprio Dante, a prendersi la rivincita, per sé stesso e per tutti i poeti amanti non corrisposti (me compreso!). Leggete questi versi:

I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui.

(Inf., canto II, vv. 70-74)

Ci troviamo nel II canto dell’Inferno. È il tramonto. Superata la selva oscura e le tre fiere, il poeta è immobile, impaurito e ormai deciso a non intraprendere più il viaggio nell’aldilà, nonostante la presenza rassicurante di Virgilio, sua guida. A quel punto, l’autore dell’Eneide gli riferisce di non temere, poiché la sua salvezza sta a cuore a tre donne: alla Madonna, a Santa Lucia, e sì, proprio a lei, a Beatrice: “Una donna beata e bella, con gli occhi più lucenti di una stella, si è rivolta a me, con voce soave e angelica, chiedendomi di soccorrerti, perché ella, dopo aver udito che ti eri smarrito, è arrivata troppo tardi. Anima gentile e onesta, mi ha pregato, ti imploro di aiutarlo, affinché io ne abbia consolazione. Io sono Beatrice ed è per amore che te lo chiedo”. La donna, infatti, dal Paradiso, era scesa nel limbo, dove dimorava l’anima di Virgilio, per esortarlo a proteggere e seguire colui che io, qui e adesso, secondo quanto riferiscono i suoi meravigliosi versi, posso finalmente definire il suo amato!!! Dopo essere stata celebrata lungo tutta la sua breve vita e molto oltre, seppure andata in sposa ad un altro uomo, alla fine, Beatrice ricambia l’amore di Dante. Dante ce l’ha fatta! Vi giuro che, scrivendo questi ultimi righi, non sono riuscito a trattenere la commozione!  È una mia opinione, ma mi piace ritenere che tutto, proprio tutto, lo slancio dal quale è nata la Divina Commedia, sia contenuto in questi cinque versi del canto II dell’Inferno, pronunciati da Beatrice.

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John William Waterhouse, “L’incontro di Dante con Beatrice”, 1915

C’è poco da fare. È stato il più grande di tutti. Al di là di quanto abbiate potuto conoscere di lui e delle sue opere sfogliando le pagine, a lui dedicate, in questo libro, vi consiglio di andare a prenderli i suoi libri e di leggerli voi stessi. Ho sempre pensato che la migliore storia della letteratura sia quella che ognuno di noi si “fa” da solo, semplicemente leggendone e meditandone le opere, senza la mediazione e i filtri interpretativi di quanti, seppure con competenza, esplicano i contenuti di ciò che è stato scritto da altri. Cominciate proprio con Dante. In fondo, sarebbe un bel modo per essergli grati, per esprimere riconoscenza a quella mente eccelsa, instillata in un uomo di mediocre statura, d’onestissimi panni sempre vestito, col volto lungo, il naso aquilino e gli occhi grossi, le mascelle grandi e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato, i capelli e la barba spessi, neri e crespi e sempre nella faccia malinconico e pensoso (Giovanni Boccaccio, Trattatelo in laude di Dante, XX), che io immagino ancora passeggiare lungo l’Arno e per i suoi ponti, nell’amata Firenze, immerso nei propri pensieri, tutti per Beatrice e per i versi che, di lì a poco, le avrebbe composto, solo, nella sua piccola stanza, attraverso il cui lucernario, ogni notte, rivolgendo lo sguardo sognante e incantato verso il cielo, avrebbe, poi, scorta, meravigliosa, risplendere tra le stelle.

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Henry Holiday, “Dante e Beatrice”, 1884

 

 

Due bicchieri di whisky

 

 

Mi ricordo di un giorno
quei due confini ordinati
tra i passaggi insidiosi
dove filava il diretto
noi due dentro
sui polsi richiusi
traboccati
all’amorevole cospetto
di una gioventù inesperta e spaesata
come lo squillo
di una chiamata
il nostro viaggio spaurito
poi la trasferta
là sulle alte quote nelle quali ancora si incurva
tra i freddi sentieri
uno Stelvio promettente
e marziale
l’ortica agra
cresciuta sotto il frizzare irrequieto
di quegli eterni binari i nostri due bicchieri di whisky
convergenti
al colare nel nero
dell’uovo rosso del sole
mentre mi suona la O’ Connor e
Nothing else matter
affonda la tua notte
sul fare del giorno
perfino adesso che l’alba sposa l’erba alle pietre
la pelle al fuoco
la menta agli orti la pioggia sul picco in sella
e i poderi che la campagna ritorta con fatica raggranella.
 
Ecco fermiamoci qui
a un passo dal bordo scontroso
la prova del nove
sul selciato erto e nevoso
che pure ci unisce
per vivere o morire credere o brindare
mentre puntiamo
questo traforo radioso di stelle
e non ci rabbrividisce d’asprezza il pavido vento o un’eclisse
se sei tu la mia certezza
ed io la tua sera
io la tua pelle.

(Patrick Gentile)

 

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29 agosto 2015. Sorrento. Libreria Indipendente

 

Presentazione del giallo di Francesca BattistellaIl messaggero dell’alba”, Scrittura&Scritture, 2014.
Roma. Il mondo letterario è sconvolto da una serie di omicidi di scrittori famosi. Quattro elementi che l’assassino lascia sulle scene dei crimini, ciascuno molto particolare, a cominciare dalla stessa arma del delitto. Un pool investigativo, capitanato da Enrico Marconi, viene subito mobilitato per tracciare il profilo del serial Killer. Intanto, a Massa Lubrense, Alfredo Filangieri, in attesa dell’arrivo di sua nipote Eugenia e della profiler Costanza Ravizza, viene coinvolto nell’organizzazione di un festival letterario. Altri delitti arriveranno a tormentare anche la kermesse letteraria massese.
Letture di Marilena Altieri e Nino Casola. Relazione e intervista all’Autrice di Riccardo Piroddi. Organizzazione generale e musiche di Mimmo Bencivenga, proprietario della Libreria Indipendente.

 

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11924289_10204476638707444_4995418984659697382_nFoto di Daniela Ponticorvo

Misericordia

 

Apro gli occhi su un pensiero. Il pensiero è che mi odio quando faccio così. Incontro qualcuno. Lo ascolto mentre si racconta, mi ascolta mentre mi racconto. E poi mi spingo oltre e mi spingo oltre perché in definitiva ci sto veramente bene. E ci sto veramente bene perché stavo per perdere il lavoro e quando l’ho ritrovato era troppo tardi e avevo già perso un sacco di pezzi e volevo ridisegnare tutto quanto da capo. Gli parlo attaccato alla spalla, fitto e veloce e scoordinato e sbandato, e poi barbuglio e arranco e inciampo e mi incazzo e poi non lo so nemmeno io. So che vorrei che lui sentisse lo stesso, che mi stringesse, baciasse, invece no. Perché io sono un talebano, lui una persona, io sono irrequieto, lui eteroetero-dunque-sublima. Direzioni opposte che si incrociano per ragioni poco chiare. Ma siccome si sono incrociate allora divento arrogante e tronfio. E dopo è quella stanza grigia, la stanza delle decisioni. Che sono inutili quanto certi sughi. Sono un saltimbanco che fa la ruota, la capriola, uno che agli uomini stringe spesso il cazzo e rare volte la mano, e si dimentica di un sacco d’altre cose. Bisognerebbe chiedere misericordia. E non perché sono misero e da compatire. Ma perché so di poter essere anche meglio di così. So di poter essere un uomo. Come te.

Patrick Gentile

 

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