Archivio mensile:Agosto 2015

Fede

 

Sono un uomo che ha gradualmente perso la fede. Io non so se Dio ci sia o meno. Ma amo Gesù. E credo alle sue parole. Lo sento alto su di me. Solo che prima mi rivolgevo a lui molto più di frequente di adesso. Ci sono giorni in cui nutro un profondo e insopprimibile disprezzo per l’umanità, per il creato che, seppur sublime, è così imperfetto, e altri in cui un senso di lieve, lievissima compassione si fa strada in me e allora, quando questo succede, quasi non provo più niente. Né bontà, né cattiveria. Ciò che provo è una pressoché totale assenza di emozioni. Come se la gioia non potesse granché contro la brutalità. Come se percepissi nitidamente il male che è in tutte le cose. Come se il bene si fosse spento, come se l’oscurità fosse nella gente, nei suoi discorsi, nel suo brusio ovattato.

Patrick Gentile

 

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Pezzi

 

Ho perso dei pezzi strada facendo. Persone con cui parlavo, anche tutti i giorni, oppure ridevo, uscivo, scherzavo. Certe volte mi sembra di vivere come in quel film, “Terminal”. Tom Hanks. Presente, no? Solo fuori però. Dentro è più come “Castaway”. Una persona fa quello che vuole, pensa e dice quello che le va. E poi paga un prezzo. Vuoi essere come sei? Prego, da questa parte. Essere liberi significa costruire una casa tenendo un piede fuori dalla pianta. Quando mi invitano a passare una vacanza fuori, tentenno sempre. Io sono quello del “ehm, be’, ecco, però non so, devo vedere”. Ma non è così, io non devo vedere un cazzo. Io devo solo stare sempre con un piede dentro e un piede fuori. Sempre. Quando scrivo, quando parlo, quando scopo. Per metà ci sono, per l’altra no. Non ce la faccio altrimenti. Sarei una gabbia altrimenti. Per questo perdo dei pezzi. Per questo tutti perdiamo dei pezzi. Prima o poi.

Patrick Gentile

 

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Istrice

 

Io non sono stato mai amato. Non parlo di amore genitoriale, non parlo di affetto canino o amicale. Non parlo neppure di amore fisico, o di passione artistica. No. Io parlo di amore erotico. Sì, quello. Esatto, quello codificato da Roland Barthes. Lui. Nessuno mi ha amato. Mai. Poi ieri discutevo con un amico. Sul fatto che dietro questa faccia, dietro questo corpo, ci sia un istrice. Allora dopo, mentre mi facevo la doccia, ho pensato a come si fa ad avvicinarli. Gli istrici, dico. Di me non si può essere mai innamorato nessuno perché ho gli aculei. Okay, ricevuto. Gli aculei vengono mezzo metro prima di me, prima dei miei sentimenti. Un istrice dorme solo e non vuole nessuno accanto. Tutte le volte che un uomo ha voluto dormire con me, io non mi sono quasi mai addormentato. E non sopporto di sentire qualcuno che respira al mio fianco nella notte. Io prima non lo sapevo di essere questo animale. Ma poi ho controllato sulla mia agenda e ho ricordato che tra una settimana esatta compio quarantatré anni. Forse avrei dovuto segare gli spuntoni tanto tempo fa. Ma la paura deve aver preso il sopravvento. E, un po’ alla volta, ecco, insomma… credo abbia finito col blindarmi. All’intimità. Alla tenerezza. Alle carezze del mondo.

Patrick Gentile

 

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Slowdive

 

La straordinaria intuizione di fondere le atmosfere eteree del dream pop coi riverberi distorti degli shoegazer, ha fatto degli Slowdive una delle band più originali sulla scena underground dei primi anni ‘90. Il loro sound, suggestivo ed evocativo, pieno di colore e fantasia,slowdive_1 ha colpito dritto al cuore gli appassionati di rock e non solo. Gli Slowdive rappresentano, senza ombra di dubbio, l’ala più romantica del movimento shoegaze. Anzi, essi sono la band più significativa di questa particolare corrente, che caratterizzò la scena britannica, tra il finire degli ‘80 e gli inizi ’90, ancor più dei My Bloody Valentine (leggi articolo), band troppo originale e fuori dagli schemi, per poter essere inquadrata con facilità in qualsivoglia genere. Siamo nel 1989, quando tre ragazzi timidi, poco più che adolescenti, decidono di metter su una band e inseguire il loro sogno musicale. Si tratta di Neil Halstead e Rachel Goswell, al canto e alle chitarre, e di Nick Chaplin al basso. Sarà presto reclutato un batterista, Adrian Sell, e, infine, si unirà anche un terzo chitarrista, Christian Savill. Il nome della band si ispira a un sogno fatto dal bassista e non come erroneamente spesso si crede, alla famosa canzone dei Siouxsie. La prima demo tape, contenente due canzoni, in cui le voci sussurrate e sognanti vengono sommerse da distorsioni Slowdive-maindi chitarre lancinanti, li accosta subito al movimento degli shoegazer, che viveva in quegli anni il suo periodo di massimo splendore. Nel 1990, finalmente, un contratto discografico e la band dà vita al primo omonimo Ep. A far colpo sul pubblico ci pensa “Avalyn” (ascolta), una canzone lenta e rarefatta, in cui inizia ad emergere il loro stile personale e una visione piuttosto pessimistica della vita. La musica avanza lenta e, come in trance, le voci sono soffuse, eppure dal forte potere evocativo. E’ chiaro, ascoltando il brano, che il rock degli Slowdive è l’ideale punto d’incontro tra il dark dei primi anni ‘80, i rumori degli shoegazer e le atmosfere sognanti dei Cocteau Twins (leggi articolo). Con il secondo Ep, “Morningrise” (ascolta), la band perfeziona il suo stile e inizia a volare alto, tra un pubblico, che li segue, sempre più numeroso. La title track è una ballata di rara bellezza, disarmante, di quelle che lasciano col fiato sospeso. Just_For_a_DayPoi, c’è “Losing today” (ascolta), dalle atmosfere cupe e tenebrose, cantata con un filo di voce, quasi impercettibile. Ormai, tutto è pronto per il gran debutto e, nel 1991, la band crea “Just for a Day”, Creation Records (copertina a destra), il grande capolavoro della loro carriera musicale. Dopo gli splendidi Ep, l’attesa era forte e da loro ci si aspettava un gran disco. “Just for a Day” andò ben oltre le aspettative del pubblico più esigente. Ascoltarlo è un’esperienza che può segnare per la vita. E’ un po’ come entrare in quei quadri che ritraggono panorami solenni e incontaminati, avvolti, però, da una nebbia lattiginosa, che crea quell’atmosfera un po’ malinconica, In tal senso, si può citare come esempio “Catch the breeze” (ascolta), una canzone dominata da un ritmo irregolare, sul quale si inseriscono chitarre tintinnanti e una melodia triste, ma dal forte impatto emotivo, e con un ritornello di un romanticismo senza tempo. Poi, il finale strumentale, con le tre chitarre che intrecciano i loro feedback, creando una musica che è pura astrazione ambientale. Si può, inoltre, riportare “Ballad of sister Sue” (ascolta), una ballata tragica e struggente, maledettamente malinconica ma che non intristisce l’ascoltatore, bensì lo rapisce, per trasportarlo in un mondo dove malinconia è bellezza, pura, ingenua, incontaminata. Altrove, invece, prende il sopravvento la bellezza della melodia, celestiale e maestosa. maxresdefaultE’ il caso di “Celia’s dream” (ascolta) e dell’omaggio ai maestri Cocteau Twins, “Brighter” (ascolta). La band riesce anche ad evitare di essere ripetitiva, producendo canzoni ambiziose che vanno oltre il semplice concetto di strofa-ritornello. E’ il caso di “Spanish air” (ascolta), un pezzo possente ed orchestrale, ai limiti del progressive, una lunga cavalcata onirica con un ritornello medioevale e un arrangiamento tanto elegante quanto complesso. La chiusura del disco è affidata a “Primal” (ascolta), una canzone per certi versi devastante, ma avvolta in una sorta di trance mistica, che evoca la ricerca della pace interiore, almeno fino a quando non trova spazio un crescendo che sfocia in una magnifica psichedelia strumentale. Definire “Just for a Day” un capolavoro è forse riduttivo. “Just for a Day” è una vera e propria opera d’arte, firmata da ragazzi poco più che ventenni. Un’opera immensa, maestosa, incontaminata, visionaria e rivoluzionaria, onirica e sensuale. Un disco da ascoltare fino a perdere i sensi ed estraniarsi dalla realtà. Irripetibile e immortale.

Pier Luigi Tizzano

 

 

Guicciardini

 

Ci sono esperienze che appartengono alla gioventù. La maggior parte, a dire il vero. Fare amicizia con qualcuno, per esempio. Se hai quindici o vent’anni è parte integrante del tuo bagaglio; siccome bisogna imparare a combattere servono alleati stretti. Per farcela, dico. A quaranta i fortini, bene o male, li abbiamo invece eretti da un pezzo. Intrecciare nuove affettività diventa un po’ come avere un incontro ravvicinato del terzo tipo. Si è alien(at)i. Del resto abbiamo già lottato a sufficienza e adesso serve proteggere il proprio “particulare” (come ci spiegò già alcuni secoli fa il buon Guicciardini), fare attenzione a chi ci vuole espropriare, strapparci la zolla da sotto i piedi. Per questo le mie amiche single alla fine non trovano un uomo. Per questo i miei amici single non trovano una donna. Per questo non sono solo i figli a non nascere più, ma le relazioni soprattutto. E di chi sono figlie le relazioni umane se non di un tempo in cui eravamo più giovani e inesperti e forti?
Imparare è il gran buco nero dell’umanità.

Patrick Gentile

 

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Indifferenza

 

A volte ragiono sull’indifferenza degli adulti. Se da ragazzini perdevamo un amico o ne subivamo un tradimento, soffrivamo, e tanto anche. Crescendo le cose che ci accadono, e intendo soprattutto le più spiacevoli, ossia gli abbandoni, i lutti, le separazioni, ci fanno soffrire, certo, ma forse meno, senz’ombra di dubbio non come allora. Siamo ormai anestetizzati, vaccinati (così si dice), e talvolta, ahimè apatici. E quindi succede che niente improvvisamente sia più indispensabile. Un amico, un fratello, l’amante. Ad avere o meno una cosa si è fatta l’abitudine. Si resta in piedi uguale. Con o senza. Ed in fondo è questo che è atroce.

Patrick Gentile

 

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1 agosto 2015. Massa Lubrense. Residence Gocce di Capri

 

Seconda serata estiva “fuori porta” per la Libreria Indipendente di Sorrento.

Presentazione del romanzo di Rosanna FerraiuoloCome l’onda“, Nicola Longobardi Editore, 2013.
Un tenero amarcord, pieno di lirismo, tra spiagge piene di sole, in un Sud degli anni ’50 e la Provenza, scintillante di fiori di lavanda. La seconda opera di Rosanna Ferraiuolo coglie ancora nel segno, sciorinando un ricordo dopo l’altro, con rapide pennellate, lasciando con il fiato sospeso [..] Saremmo troppo severi se dicessimo che giunta l’ultima parola avremmo voluto subito continuare a sfogliare altre pagine, per vivere ancora a lungo, attraverso il suo racconto, questo sogno ad occhi aperti, questo nostalgico viaggio a ritroso nel tempo“. Dalla prefazione di Antonio Volpe.
Letture di Nino Casola e Marilena Altieri. Relazione e intervista all’Autrice di Riccardo Piroddi. Passi di tango di Marilena Altieri e del M° Nello D’Auria. Consulenza tecnica di Antonino De Angelis. Organizzazione e musiche di Mimmo Bencivenga, proprietario della Libreria Indipendente. Dovuti ringraziamenti, per la cordiale ospitalità, al padrone di casa, Marco Cocurullo

 

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Michelangelo Antonioni

 

Le estati di quei primi anni ottanta si svolgevano davanti ai miei occhi come certi film di Antonioni, “L’eclisse” oppure “L’avventura” oppure “Deserto rosso”. Solo che io ancora non lo sapevo. Ci sono associazioni che non siamo in grado di fare se non solo da adulti, e quindi molto più tardi. Quando impariamo a raccordare i fatti, a dire: ecco, è proprio così che la vivevo io, ecco cos’era, ecco che nome aveva. Io misi nei mattoncini Lego l’anima che tolsi alle cose mobili e mutabili. Per questo poi sono diventato un uomo iperordinato. Per questo l’ortogonalità mi rassicura. Per questo mi tengo debitamente lontano dalle cose che non quadrano. O, se sono ormai troppo vicino, cerco di farle quadrare.

Patrick Gentile

 

Camera obscura … Michelangelo Antonioni during the filming of L'Avventura (1960).

 

 

John Legend

 

Sarà che ho John Legend nelle cuffie, e a me John Legend mette sempre quel senso di Natale metropolitano, newyorkese, sapete, vetrine che scintillano, Park Avenue. Sarà che i cambiamenti chiamano i cambiamenti. O che sono al solito troppo sfasato e fuori orario, più spesso in anticipo che non in ritardo. L’appuntamento alle 13,30 ma anche oggi ho calcolato male. Fortuna che Trastevere ha quel suo modo lì. E allora mi metto comodo a pensare. A quante volte mi sbaglio, per esempio. Alla tenerezza che mi manca. A come sono prevenuto. A come correvo verso la schiuma delle onde. E non avevo mai paura.

Patrick Gentile

 

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La bolla del Dragone

 

Anni ed anni di crescita forte e costante hanno conferito ai governi cinesi di un’aura di onnipotenza ma, mantenere tutto ciò, prima o poi, presenta il suo conto. Tre settimane dopo gli interventi per arginare il crollo dei mercati azionari, con misure senza precedenti, come il ban allo short selling, il divieto di vendita imposto agli azionisti di controllo ed un supporto creditizio diretto da parte della banca centrale cinese, i listini azionari sono precipitati nuovamente. usa-a-cinaChe in Cina ci sia un grossa bolla azionaria, onestamente, nessuno può negarlo. Tra i primi trenta titoli per performance (rendimenti oltre il 300% nell’ultimo anno), la metà presenta un rapporto prezzo/utili sopra le 50 volte. Rapporti impossibili da sostenere nell’attuale situazione economica cinese. Il quadro di profittabilità della sua industria, infatti, è in rapida decelerazione e non da poco tempo. Secondo uno studio UBS, la redditività straordinaria delle imprese cinesi si è contratta dello 0,8% nei primi 5 mesi del 2015. Il tasso è, ovviamente, ancora positivo, ma ben lontano dall’oltre il 40% annuo del 2011. Non c’è da stupirsi, anche il PIL che veleggiava a tassi del 12-13% fino al 2010 si è indebolito fino al ritmo del 7% annuo, con stime che fissano il livello tra il 6 e il 7% come il passo di marcia di un’economia, sicuramente forte, ma non più a tassi da emergente. E’ tutta qui l’incongruenza con l’azionario: non si può crescere del 150% nell’ultimo anno, come ha fatto il listino di Shangai, con un’economia contratta e con ricavi e profitti che rallentano. Sommando tutti questi fattori, ecco la ricetta per una bolla finanziaria perfetta. Adesso tutti gli occhi sono puntati su Beijing, dove il governo deve affrontare un difficile dilemma: affondare ancora di più nel tentativo di puntellare il mercato o lasciar cadere la sua maschera di invulnerabilità. Intanto, lunedì scorso sera, dopo il tonfo dei mercati (attenuato solo grazie alla regola che prevede l’automatica sospensione dalla negoziazione di quei titoli il cui prezzo aumenta o diminuisce più del 10%), 247706-files-china-forex-yuan-invest-business-asianessuna parola su cosa sia in pianificazione per il futuro è stata proferita dalle autorità cinesi. Zhu Ning, deputy dean allo Shanghai Advanced Institute of Finance, ha affermato: “Se il governo non farà nulla, allora tutti gli sforzi già fatti saranno stati inutili. Se, invece, continuerà ad impegnarsi nei salvataggi, il buco continuerà a farsi sempre più grande. Speriamo che il regolatore rispetterà il mercato e le sue leggi”. Il grosso problema è che in passato il governo ha già snobbato le leggi di mercato e, il conseguente incremento delle quotazioni, ha infuso negli investitori l’aspettativa di sempre maggiori interventi da parte delle autorità ogni volta che se ne presentasse la necessità. Ciò non bastasse, ci sarà, con molta probabilità, un altro grande prezzo da pagare al quale la Cina sta tentando di sottrarsi. Secondo alcune stime, più di 564 miliardi di dollari di debiti sono legati alla speculazioni sulle azioni. Altri pochi Lunedì neri come quello scorso e i danni ai bilanci delle famiglie si riverseranno inesorabilmente sull’economia reale. Ma il danno più grave sarebbe, comunque, psicologico. Avendo per così tanto tempo dato l’impressione di esser capaci di far virare l’economia esattamente nella direzione voluta, la leadership cinese potrebbe essere costretta a concedere un chiaro limite al suo potere e questo potrebbe sferrare un duro colpo alla fiducia nell’economia asiatica, in un’epoca dove sta già rallentando la sua corsa. borsa-cinese-speculazione-e1436432157312Tuttavia, è una concessione necessaria. Non c’è modo di sapere quanto le autorità dovrebbero acquistare per stabilizzare i corsi azionari. La confidenza degli investitori, interamente basata sul supporto statale, potrebbe svanire non appena lo Stato smettesse di comprare. Senza considerare che le restrizioni agli scambi sono già servite ad annoiare gli investitori internazionali e a minare gli sforzi per elevare il renminbi a valuta di riserva internazionale. Cedere il controllo alle forze di mercato, non solo si scontra con l’ideologia comunista, ma va anche contro il paternalismo che ancora risuona nella vita politica cinese. Volendo usare le parole di un investitore primario, il mercato finanziario “ha bisogno di settimane di terrore” per diventare più sicuro e, qualora il crollo delle quotazioni dovesse intaccare la fiducia dei consumatori cinesi, la Cina possiede altre leve, al di là dell’acquisto di azioni, per spingere la domanda interna. Se mai il governo cinese sarà così saggio da ricordare che la crescita dell’economia reale nel paese del Dragone riposa su spinte strutturali ben più forti delle punzecchiature di un mercato azionario immaturo, è meglio che gli investitori si preparino ad altre settimane inquietanti.

Giuseppe De Simone