La mia lente non mi porta mai ad analizzare i fallimenti ideologici e sociali come un vuoto di coscienza, politica o teoretica che sia. Nel fallimento di un’opportunità si riflette ben più tristemente la grande depressione collettiva di cui parlo ogni giorno. La passiva accettazione che il male abbia gettato radici nel giardino dietro casa nostra. Sartre sorriderebbe davanti a un tale scenario, un po’ come si sorride quando un pronostico sciagurato trova poi riscontro. Un sorriso tanto amaro, certo, quanto ineludibile. Viviamo un’epoca di completa asfissia etica. Giorni fa una mia collega positivista ha ricordato con orrore gli anni di piombo. Le ho risposto che almeno allora serpeggiava ferocia intellettuale, non l’abulia generalizzata di oggi. Ma io voglio credere in un futuro migliore, ha detto, senz’altro pensando alla sua bambina. No, le ho risposto, il futuro è finito diversi anni fa, questo è il buio della civiltà e noi, meglio mettersi l’anima in pace, saremo costretti ad attraversarlo interamente fino al giorno della nostra morte.
Patrick Gentile
Questa analisi può apparire catastrofica, certamente triste. Ma è onesta! Amo i cantori della realtà quale essa è e non quale si vorrebbe fosse. L’ottimismo è, senza dubbio, un buon esercizio della mente. Ma rimane tale! Il vero delle cose è tutt’altro. E questo tutt’altro, oggi, corrisponde alla presente descrizione! (R. P.)