Rendi la mia vita
un pentagramma
tra i cui righi
note sottili
danzino
in corrispondenza.
Così scriverò
con le farfalle
la tua partitura.
Dipingi per me
ciclamini
e canterò
del vederti sbocciare.
Canto d’autunno
Rendi la mia vita
un pentagramma
tra i cui righi
note sottili
danzino
in corrispondenza.
Così scriverò
con le farfalle
la tua partitura.
Dipingi per me
ciclamini
e canterò
del vederti sbocciare.
VideoStoria della Letteratura Italiana
Ti ci porto a Napoli, prima o poi!
Non molto tempo fa ho detto a una donna: “Ti ci porto a Napoli, prima o poi!”.
Non mi era mai capitata prima una cosa del genere. Nello stesso momento in cui proferivo queste parole mi accorgevo che suonavano come una dichiarazione d’amore. E, in effetti, lo erano davvero. Vi giuro che ancora tremo dall’emozione a pensarci.
Quando un figlio di Parthenope manifesta a una donna il desiderio di portarla a Napoli le sta aprendo la sua casa e il suo cuore, offrendole una meravigliosa prova d’amore, perché Napoli è la casa e il cuore dell’umanità!
Le labbra della mia donna!
Blues di un amore lontano
Alla mia terra
Volo.
Il sole caldo
di mezzo mattino
verde e azzurro.
Amore.
Volo.
Oro sul mare
argento delle colline.
Qualche nembo pallido.
Bella,
bellissima.
Volo.
Lontano e poi giù
in picchiata.
Un ciclamino
odore di muschio e di terra.
Erba, pietre.
Giallo e arancione.
Il vento leggero.
Rosso.
Fuoco.
Legna che brucia.
Fumo.
Volo.
Più in alto.
Blu.
Un gabbiano.
Una lacrima.
Sulla funzione catartica della bestemmia
2500 anni di dottissime e spesso astruse speculazioni filosofiche sulla natura della “catarsi” (il processo di liberazione dalle esperienze traumatizzanti o da situazioni conflittuali), da Aristotele alla contemporanea psicologia post-freudiana, non sono state in grado di mettere in luce come la più alta e praticata forma di catarsi, per il genere umano, sia la bestemmia, somma, seppure spesso soltanto momentanea, purificazione dell’animo dalle negatività che lo appesantiscono! Sarebbe proprio il caso di affermare: bestemmiate e la vita vi sorriderà!!!
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Tutti i riferimenti nascosti nel dipinto “La colazione dei canottieri” di Renoir
da
tpi.it
Il 25 febbraio del 1841 nasceva a Limoges, in Francia, Pierre-Auguste Renoir, figura di primo piano della pittura francese e uno dei massimi esponenti della corrente impressionista. Con oltre 5mila tele a lui attribuite, il pittore francese è stato uno tra i più prolifici artisti, senza contare i suoi numerosi disegni e acquerelli…
Pierre-Auguste Renoir, “Le déjeuner des canotiers” (1880 – 1882)
Washington, Phillips Collection
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Dante Alighieri: il fabbro fiorentino della lingua italiana
Il sommo Dante è stato, senza dubbio alcuno, avanti Francesco Petrarca, Pietro Bembo e Alessandro Manzoni, il primo e più abile fabbro della nostra lingua. Proprio a lui, infatti, si deve la forgiatura dei caratteri della parlata italiana. Voglio fornirvi degli incredibili dati numerici, tratti dalla mitica enciclopedia multimediale Treccani.it: è stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano oggi in uso (cioè, il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò che diciamo, leggiamo o scriviamo ogni giorno), sia già nella Divina Commedia. La sua opera principale è invero a tal punto vasta, da potersi considerare un’epitome dell’intero sapere antico e medievale. E’ così piena di parole, anche specialistiche, che Dante ha temprato, non solo la nostra parlata comune, ma anche quelle tecniche. Lungo le tre cantiche del divino poema, infatti, sono molte le micro lingue presenti, come si definiscono, in linguistica, i lessici propri di una specifica disciplina, che, ad elencarli tutti, riempirei qualche pagina. Anche parolacce e bestemmie non mancano, appunto per non lasciar fuori nulla. Eccovi qualche esempio: Inferno, canto XVIII, vv. 133: “Taide è, la puttana che rispuose”; Inferno, canto XXI, v. 139: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”; Inferno, canto XXV, vv. 1-3: “Al fine de le sue parole il ladro/ le mani alzò con amendue le fiche,/ gridando: “Togli, Dio, ch’a te le squadro!”). Prima di Dante, il vocabolario italiano era alquanto povero ma dopo di lui, è diventato tra i più ricchi al mondo. Prima, si poteva parlare soltanto di poche cose. Dopo, di quasi tutto. Anzi, di tutto! Pose le basi, inoltre, affinché il latino, presto o tardi, fosse messo in soffitta, soprattutto come registro scritto per la trasmissione della cultura, tanto buono era stato, nella sua opera, il lavoro compiuto sul linguaggio. Grazie al sommo poeta (immagine a sinistra) e alla lingua della Divina Commedia, noi tutti, ancora oggi, possiamo affermare: “Il fiorentino è il dialetto che di più si avvicina all’italiano perfetto!”. Ciò è accaduto perché la vastissima diffusione del sublime poema, già immediatamente dopo la morte del suo Autore, veicolò anche la lingua con il quale era stato composto. Quest’ultima, infatti, funse da modello linguistico per tutti coloro che lo lessero. La Divina Commedia ha insegnato agli italiani a leggere e a scrivere correttamente, permettendo loro, dalle Alpi alla Sicilia, di comprendersi reciprocamente. Potrei, dunque, proclamare che l’Italia sia stata unita da Dante più di cinquecento anni prima di Garibaldi, Cavour e i Savoia, ma questa, per chi come me è meridionale, è un’altra storia!