Archivi giornalieri: 1 Luglio 2024

Gottfried Wilhelm Leibniz nell’anniversario della nascita

(1 luglio 1646)

 

 

 

In un angolo dorato del secolo d’oro della filosofia risplende la figura di Gottfried Wilhelm Leibniz, un faro di mente e di spirito, che si erge come un’alba eterna sulle rive del pensiero umano. Uomo di radiosa intelligenza, danzava tra i campi del sapere come le dita di un virtuoso su un clavicembalo celestiale, intonando melodie matematiche, logiche e metafisiche, tessendo un arazzo che univa l’infinito con il finito, il divino con il terreno.
La sua filosofia, come una marea infinita, abbracciava ogni particella dell’universo, ogni monade vibrante di vita e di possibilità. Le monadi, i suoi atomi spirituali, specchiavano l’intero cosmo in un gioco di riflessi perenni, ciascuna un microcosmo, un universo in miniatura, dotate di percezioni e volontà proprie. In questo gioco di specchi, Leibniz vedeva l’armonia prestabilita, una sinfonia divina orchestrata da un compositore trascendentale, in cui ogni nota, ogni evento, trovava il suo posto in un disegno perfetto e preordinato.


Il suo ottimismo metafisico, il celebre “migliore dei mondi possibili”, era un inno alla speranza, una fede incrollabile nella bontà e nella sapienza dell’Architetto Supremo. In un universo popolato da monadi, ogni sofferenza, ogni gioia, trovava la sua ragione d’essere in un equilibrio cosmico, in un ordine che la mente umana poteva solo intuire, come un sussurro tra le pieghe del silenzio.
Il suo spirito enciclopedico era un ponte tra passato e futuro, tra scienza e filosofia, unendo Aristotele e Newton, Platone e Cartesio in un dialogo senza tempo. La sua visione era come un raggio di luce capace di penetrare le ombre dell’ignoranza, illuminando sentieri nuovi e inesplorati. Egli vedeva l’universo come un vasto libro, scritto nel linguaggio matematico, dove ogni formula, ogni equazione, era una poesia in cifre, una testimonianza del divino ordine nascosto sotto la superficie caotica del mondo.
Nel giardino del pensiero umano Leibniz era giardiniere saggio, coltivando idee con delicatezza e cura, nutrendo la conoscenza come pianta rara e preziosa. Le sue lettere, i suoi manoscritti, erano semi sparsi nel vento del tempo, germogliando in nuove menti, in nuovi cuori, portando avanti il suo lascito di saggezza e meraviglia.
E, così, Gottfried Wilhelm Leibniz continua a vivere, una stella nella costellazione del pensiero, un canto perpetuo che risuona nell’eternità, un’eco di verità e bellezza che mai svanirà.

 

 

 

Le Enneadi di Plotino

L’Uno, il divino, l’anima

 

 

 

 

Come una stella vespertina che sorge al crepuscolo, nel cielo dell’antichità si levarono le Enneadi di Plotino, filosofo vissuto nel III secolo d.C., un testamento della ricerca incessante dell’anima per il divino. L’opera è composta da 54 trattati, sistemati da Porfirio, discepolo di Plotino, il quale modificò la suddivisione dei testi originali, combinandoli per formare i gruppi necessari a comporre le Enneadi, strutturate in sei insiemi di nove (“ennea”, in greco) trattati ciascuno. Dispose questi scritti seguendo un ordine che va dalle esistenze più basse dal punto di vista ontologico – le realtà terrene e la vita umana – ascendendo attraverso livelli metafisici come la provvidenza, gli enti demoniaci, l’anima e le capacità psichiche, fino al grado puramente intellettuale, culminando nell’ultimo trattato, con l’approdo alla suprema realtà divina, l’Uno, principio e fine di tutto ciò che è. Questa strutturazione mirava a delineare per il lettore un itinerario vòlto a trascendere il mondo terreno e a ottenere una piena comprensione della filosofia plotiniana.
Le radici delle Enneadi affondano nel fertile terreno del platonismo. Plotino, seguace del pensiero di Platone, eleva la teoria delle Forme archetipiche a nuove vette celestiali. Così come Platone descrive la realtà delle Idee, immutabili e perfette, Plotino introduce l’Uno, la causa primordiale da cui scaturisce ogni esistenza. L’Uno, inaccessibile e trascendente, risuona con l’Iperuranio platonico, ma lo trascende in una forma di unità assoluta che non ammette dualità o alterità.
L’originalità di Plotino brilla nella sua concezione di una gerarchia ontologica che parte dall’Uno, si dispiega nell’Intelletto e si espande poi nell’Anima del mondo. L’Uno, principio supremo e fonte di tutta la realtà, è al di là di ogni essere e pensiero. Da questa ineffabile unità emanano l’Intelletto, che contiene le idee, e l’Anima, che vivifica il mondo. Questa struttura tripartita non solo spiega la natura dell’esistenza ma offre anche un sentiero di ritorno verso l’Uno, attraverso la contemplazione e l’ascesi, invitando l’anima umana a riscoprire la sua origine divina.
Le Enneadi non si limitano a una mera indagine filosofica, ma si ergono anche come guida spirituale per l’anima. Plotino trasforma la filosofia in un percorso religioso, dove il fine ultimo è l’unione mistica con l’Uno. Questa aspirazione all’unione divina riflette un desiderio profondo di purificazione e di ritorno all’origine, che si manifesta in pratiche ascetiche e nella meditazione. La sua visione offre un ponte tra il terreno e l’ultraterreno, tra il finito e l’infinito.
Prima Enneade: etica e pratica
La prima Enneade tratta temi etici e pratici, fondamentali per chi inizia il cammino filosofico. Plotino esamina la condizione umana, discutendo la virtù, il destino e il ruolo della provvidenza e del fato. Approfondisce la questione del male, considerandolo come una mancanza di bene piuttosto che una presenza attiva. Questa Enneade pone le basi per l’ascesa dell’anima, stabilendo che la purificazione etica sia il primo passo necessario.
Seconda Enneade: il mondo naturale
Si focalizza sul mondo naturale e sulla cosmologia. Il filosofo espone la struttura dell’universo, l’eternità del mondo e la questione di come le emanazioni dell’Uno diano vita all’Intelletto e, poi, all’Anima del mondo. Qui, l’attenzione si sposta dalle questioni etiche alla natura dell’esistenza fisica e alla sua origine, tracciando un movimento dall’individuo al cosmico.
Terza Enneade: epistemologia e ontologia
Approfondisce la conoscenza e l’essere. Plotino indaga la natura dell’intelletto umano e la sua relazione con l’Intelletto divino. Tratta le idee di percezione, memoria e tempo e si interroga sulla natura e l’acquisizione della conoscenza vera, che avviene tramite l’unione mistica con l’Intelletto.


Quarta Enneade: l’anima
Plotino vi analizza la natura dell’anima, le sue divisioni e le sue funzioni, oltre alla sua relazione con l’ordine inferiore (il mondo materiale) e con quello superiore (l’Intelletto). Esamina il concetto di anima individuale e universale, sottolineando le possibilità e i mezzi attraverso cui questa possa elevarsi al di sopra del mondo fenomenico.
Quinta Enneade: l’Intelletto
Qui il filosofo raggiunge l’apice della sua speculazione, con un’indagine approfondita sull’Intelletto e sulle idee. Questa parte è cruciale per comprendere la sua teoria delle Forme e la struttura dell’Intelletto, che contiene le idee perfette e immutabili, eterna manifestazione dell’Uno.
Sesta Enneade: l’Uno
La sesta e ultima Enneade rappresenta il culmine del sistema plotiniano ed è dedicata all’Uno, principio supremo e fonte di tutta la realtà. Plotino spiega la natura dell’Uno, che supera l’essere e la conoscenza. Scevera il processo di emanazione dall’Uno all’Intelletto all’Anima e offre una visione profondamente mistica di come l’anima possa unirsi all’Uno, superando ogni dualità e distinzione.
Le Enneadi, con la loro profondità filosofica e l’ardore religioso, si configurano come una danza celestiale di luci che invita ogni anima a sollevarsi oltre il mondo sensibile. Plotino, in questo magistrale incontro tra mente e spirito, tende la mano alla saggezza di Platone, trasfigurandola in una visione che abbraccia l’intero cosmo. Le Enneadi non sono solo un’opera di grande valore filosofico, ma costituiscono un inno alla possibilità di unione dell’anima con il divino, attraverso una comprensione profonda del mondo, dell’anima, e dell’Intelletto, riecheggiando e, allo stesso tempo, amplificando i temi cari a Platone, in una sinfonia di pensiero che trascende i secoli. Nel loro tessuto si intrecciano il rigore intellettuale e la fervida aspirazione religiosa, che non solo fondano il neoplatonismo ma influenzano profondamente la filosofia e la teologia soprattutto cristiana, ponendosi quale faro per quanti cercano la verità oltre le ombre del mondo fenomenico.