Archivi giornalieri: 16 Luglio 2024

L’eco delle ombre

La melodia eterna di Jon Lord

 

(nell’anniversario della morte)

 

 

 

Jon Lord, tastierista dei leggendari Deep Purple, la cui presenza, a metà tra il mistico e l’eterno, si fondeva con le note pesanti e malinconiche del suo Hammond e creava un’aura che avvolgeva chiunque lo ascoltasse.
Con le dita che danzavano sulle tastiere come farfalle su fiori di mezzanotte, Lord evocava spiriti antichi e melodie dimenticate. Ogni tocco era un sussurro di storie mai raccontate, di amori perduti e sogni infranti. Era un mago del suono, capace di trasformare l’avorio freddo dei tasti in un canto caldo e avvolgente, che sembrava nascere dalle profondità della terra stessa.
Gli occhi di Jon, spesso nascosti dietro occhiali scuri, erano finestre su un’anima tormentata e ricca di introspezione. Portavano i segni di notti insonni passate a cercare la nota perfetta, la sinfonia sovrumana che avrebbe potuto dare voce al tumulto del suo cuore. E in quelle rare occasioni in cui lo sguardo emergeva, rivelava un mare di emozioni intense e inespresse, come un cielo notturno tempestato di stelle che brilla di una luce triste e misteriosa.


La sua musica, fusione di rock, blues e musica classica, era un viaggio attraverso i meandri più profondi dell’esistenza umana. Ogni accordo, ogni nota, era un frammento di un’anima che lottava per esprimere la bellezza nella sofferenza, la luce nell’oscurità. Ascoltare Jon Lord suonare era come camminare in un bosco autunnale, con le foglie che cadono silenziosamente intorno, portando con sé il profumo dolceamaro del passato e la promessa di un inverno inevitabile.
E ora, nel silenzio che segue la sua dipartita, resta solo l’eco delle sue note, che risuonano nel cuore di chi ha avuto il privilegio di ascoltarlo. Jon Lord, il tastierista dei Deep Purple, è diventato un’ombra musicale, un ricordo malinconico che fluttua tra i venti del tempo, sussurrando la sua eterna melodia a coloro che sanno ancora ascoltare con l’anima.

 

 

 

Il mondo come volontà e rappresentazione
di Arthur Schopenhauer

Percezione, dolore, redenzione

 

 

 

 

Il mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer è un’opera filosofica monumentale, che ha avuto e continua ad avere un profondo impatto sulla filosofia occidentale, essendovi teorizzati elementi che hanno ispirato anche la letteratura, la psicologia e le arti.
La prima pubblicazione dell’opera, nel 1819 (altre due edizioni ampliate sono edite nel 1844 e nel 1859), è contestuale alla particolare situazione europea del XIX secolo: un crogiolo di cambiamenti politici, sociali e tecnologici. In quel periodo, la filosofia stava subendo una trasformazione significativa, spostandosi gradualmente dall’idealismo trascendentale di Immanuel Kant verso correnti di pensiero più variegate, che includevano i primi accenni al nichilismo, al materialismo e all’esistenzialismo.
Il concetto più rivoluzionario introdotto da Schopenhauer è quello di “volontà”, forza cieca e irrazionale, che è alla base di ogni esistenza. Tutto ciò contraddice l’immagine kantiana di un mondo regolato dalla ragione e pone le basi per una visione pessimista dell’esistenza. La nozione di “rappresentazione”, invece, si riferisce al modo in cui l’uomo percepisce il mondo. Pur ispirandosi dalle categorie di Kant, il filosofo sostiene che la comprensione umana sia plasmata dai suoi schemi percettivi, il che significa che la comprensione oggettiva del mondo sia, in ultima analisi, inafferrabile. Ciò porta all’idea che la vita, così come appare, sia piena di sofferenza e conflitto, generati da un desiderio infinito e inappagabile.
Uno degli aspetti più influenti dell’opera è costituito della sua teoria estetica. Schopenhauer intende l’arte come forma di accesso alla conoscenza, trascendente la mera rappresentazione fenomenica. L’arte permette agli individui di elevarsi al di sopra della volontà e di percepire un livello di realtà che concede una forma di redenzione dal dolore del mondo.
Il mondo come volontà e rappresentazione culmina con una soluzione al problema della sofferenza umana attraverso la negazione della volontà. Il filosofo suggerisce che solo rinunciando ai desideri e alle proprie aspirazioni l’uomo possa liberarsi dalla sofferenza perpetua che altrimenti lo affliggerebbe.
L’opera è articolata in una struttura complessa e metodica, divisa in quattro libri, dei quali ciascuno approfondisce specifici elementi del pensiero schopenhaueriano, costruendo progressivamente un quadro filosofico completo.

Libro I: Il mondo come rappresentazione
Il primo libro si rifà molto ai postulati filosofici di Kant, in particolare alla distinzione tra fenomeni (le cose come appaiono attraverso i sensi) e noumeni (le cose in sé, che si possono percepire direttamente). Schopenhauer introduce qui la sua famosa affermazione secondo cui “il mondo è la mia rappresentazione”, sottolineando che tutto ciò che si conosce del mondo esterno sia mediato dai sensi e dalla mente. Questo libro pone le fondamenta della sua epistemologia, discutendo la struttura della percezione e il ruolo del soggetto percipiente.

Libro II: Il mondo come volontà
Nel secondo libro, Schopenhauer sviluppa la sua teoria più rivoluzionaria: la concezione della realtà come volontà. La volontà, secondo il filosofo, è la forza onnipresente e irrazionale dietro ogni manifestazione naturale e umana. Questo libro si distacca dalla pura percezione del primo libro per indagare l’essenza interna di ogni cosa, che l’Autore identifica proprio con questa volontà non razionale e cieca. È qui che il suo pensiero diverge totalmente dall’idealismo di Kant, insinuando un elemento di irrazionalità e pulsione primordiale che domina tutta l’esistenza.

Libro III: L’arte come via di salvezza
Il terzo libro è dedicato all’estetica. Il filosofo analizza come l’arte possa offrire un’esperienza di realtà che trascende il dolore e la sofferenza causati dalla volontà. La bellezza artistica, in particolare nella musica, permette la contemplazione della conoscenza, intesa in senso puro e disinteressato, degli aspetti universali e immutabili della realtà. L’arte fornisce così una fuga temporanea dalla schiavitù della volontà, donando un assaggio di liberazione e quiete spirituale.

Libro IV: Etica, ascetismo e negazione della volontà
L’ultimo libro tratta delle implicazioni etiche della filosofia schopenhaueriana precedentemente espressa. L’Autore collega la negazione della volontà alla liberazione dal ciclo del desiderio e della sofferenza. La negazione della volontà, che il filosofo delinea attraverso l’ascetismo e la rinuncia ai desideri mondani, conduce a una forma di salvezza e pace interiore. Questa sezione incorpora anche riflessioni sulla morte, sulla volontà di vivere e sulla compassione verso gli altri esseri viventi, manifestazione di una profonda identificazione con la sofferenza altrui.
Il mondo come volontà e rappresentazione consegna, quindi, una disamina approfondita e sistematica della condizione umana. L’opera critica radicalmente l’ottimismo illuminista e il razionalismo, mostrando, però, una via alternativa per comprendere la natura profonda dell’esistenza, proponendo, altresì, mezzi per ottenere una qualche forma di redenzione personale e universale. La visione schopenhaueriana profondamente pessimistica della realtà e della vita umana e l’enfasi sulla volontà irrazionale come forza dominante nella vita umana continuano a essere di grande rilevanza, influenzando molti pensatori e artisti. Schopenhauer, pertanto, non ha solo dato il suo significativo contributo alla filosofia, ma ha anche aperto a nuove modalità di pensiero critico riguardo la condizione umana e il significato dell’esistenza.