Archivi giornalieri: 26 Ottobre 2024

Le ipostasi dell’Essere

Fondamenti metafisici e trasformazioni ontologiche
dall’uno plotiniano alla Scolastica

 

 

 

 

L’uso del termine “ipostasi” in filosofia ha radici profonde e si sviluppa attraverso una lunga storia di riflessione sul rapporto tra l’essere, le idee e la realtà. Originariamente, il termine greco “ὑπόστασις” (hypóstasis) significa “ciò che sta sotto” o “fondamento”, e questo concetto assume diverse sfumature a seconda del contesto filosofico in cui viene applicato.
Plotino, il fondatore del Neoplatonismo, applica il termine ipostasi alle tre sostanze del mondo intelligibile, ovvero l’Uno, l’Intelletto (o Nous) e l’Anima. Questi tre princìpi, nella sua visione, formano la gerarchia ontologica della realtà e sono fondamenti che si collocano oltre il mondo sensibile.
L’Uno: l’ipostasi fondamentale e più alta. L’Uno, secondo Plotino, non è solo un principio di unità, ma una realtà che trascende ogni essere, persino l’esistenza stessa. È la fonte di tutto, paragonabile a una luce che emana dal sole ma che rimane, per natura, ineffabile e inafferrabile. L’Uno è l’ipostasi primaria, da cui deriva ogni altra realtà, ed è assolutamente semplice, privo di divisione o pluralità.
L’Intelletto (Nous): è la seconda ipostasi e rappresenta l’atto del pensiero puro e dell’autocoscienza. Mentre l’Uno è oltre l’essere e l’intellegibile, l’Intelletto è l’ipostasi che comprende tutte le idee o forme platoniche. È il luogo dell’essere e della conoscenza ed è il primo effetto dell’Uno. Nell’Intelletto si trovano tutte le realtà intelligibili, che sono contemplate eternamente in un’unità organica.
L’Anima: la terza ipostasi che media tra il mondo intelligibile e il mondo sensibile. L’Anima ha una duplice natura: da un lato, contempla l’Intelletto, dall’altro, genera e organizza il mondo sensibile. È tramite l’Anima che la realtà intelligibile si riflette nel mondo fenomenico. In questo senso, l’Anima costituisce il ponte tra il mondo eterno delle forme e il mondo mutevole della materia.
In questo schema, ogni ipostasi deriva dalla precedente e, sebbene inferiori rispetto all’Uno, mantengono un legame essenziale con esso, poiché tutto proviene dall’Uno come causa prima e somma fonte di ogni realtà.

Nel medioevo, con la filosofia Scolastica, il concetto di ipostasi subisce un’evoluzione. Gli scolastici, come Tommaso d’Aquino, adottano una distinzione tra sostanza in senso generale e sostanza individuale. Per gli Scolastici, l’ipostasi è la sostanza individuale concreta, distinguendosi dalla sostanza universale o comune. Questo si ricollega alla loro riflessione sulla natura degli individui e delle essenze.
Nella Scolastica, l’ipostasi non riguarda più solo i princìpi trascendenti del mondo intelligibile, ma diventa un termine chiave per descrivere l’individuo nella sua concretezza ontologica. Ogni entità individuale che possiede una propria identità e sussistenza autonoma è considerata un’ipostasi. Ciò contrasta con la sostanza universale, che si riferisce a una natura comune condivisa da più individui, come “umanità” o “animalità”.
In un senso più ampio, l’ipostasi, in filosofia, viene anche utilizzata per indicare la personificazione di concetti astratti, specialmente quelli legati al mondo soprannaturale o metafisico. Ciò avviene quando si attribuiscono qualità individuali e quasi personali a concetti che altrimenti rimarrebbero astratti. Un esempio classico potrebbe essere il concetto di Giustizia o Morte, concepiti in molte culture come figure autonome dotate di personalità, azione e volontà proprie.
Questo processo di ipostatizzazione è comune in molte tradizioni mitologiche e religiose, dove concetti complessi o forze naturali vengono resi comprensibili attraverso la loro personificazione. Ad esempio, nella mitologia greca, concetti come il Tempo (Crono) o l’Amore (Eros) sono stati trasformati in divinità, con ruoli ben definiti nel pantheon, assumendo forme concrete e narrative.
Infine, il termine “ipostasi” assume anche una valenza ontologica profonda, quando viene usato per riferirsi a “ciò che sta sotto” le apparenze, ovvero l’essenza ultima della realtà, distinta dai fenomeni o dalle apparenze esterne. In questo senso, l’ipostasi è ciò che garantisce l’esistenza reale e sostanziale di qualcosa al di là delle sue manifestazioni empiriche. Rappresenta, dunque, l’essenza stessa di una cosa, ciò che la rende reale e sussistente, indipendentemente dal modo in cui si presenta ai sensi.