C’era una luce particolare negli occhi di Pippo Fava, un luccichio che parlava di speranza, di coraggio e di amore per la verità. Pippo non era solo un giornalista, uno scrittore o un drammaturgo: era un uomo che aveva scelto di non voltarsi mai dall’altra parte. Nato a Palazzolo Acreide, una piccola perla nel cuore della Sicilia, portava dentro di sé la voce di un’isola tanto bella quanto lacerata, una terra intrisa di profumi e di contraddizioni, di natura rigogliosa e di ombre insidiose.
Fava amava raccontare storie. Non quelle levigate e convenzionali, ma le storie scomode, quelle che pochi avevano il coraggio di ascoltare e ancora meno di narrare. Con la sua penna graffiante e la sua voce appassionata, svelava i legami profondi e spesso invisibili tra la mafia e il potere, tra la corruzione e il silenzio complice di una società intimidita. Non scriveva per ottenere riconoscimenti o applausi, ma per smuovere le coscienze, per risvegliare quella voglia di giustizia che ognuno dovrebbe custodire nel proprio cuore.
Non era facile essere Pippo Fava. Ogni articolo pubblicato, ogni inchiesta portata a termine, era come una sfida lanciata al cielo carico di nuvole scure che gravava sulla sua amata terra. Sapeva che il prezzo della verità poteva essere alto, ma continuava a percorrere il suo cammino con determinazione quasi sacrale. Non si nascondeva dietro le parole, le usava come spade, affilate e precise, per colpire il marcio là dove si annidava.
Eppure, accanto alla fermezza del giornalista e all’ardore dell’attivista, c’era l’animo poetico di un uomo innamorato della vita. Pippo amava l’arte, il teatro, i volti dei contadini segnati dalla fatica e i colori intensi dei tramonti siciliani. Nei suoi scritti, nei suoi editoriali e persino nelle sue denunce, c’era sempre spazio per un tocco di umanità, per un sussurro di bellezza. Era un uomo capace di sognare un futuro luminoso, anche quando tutto intorno a lui sembrava volerlo soffocare.
La sera del 5 gennaio 1984, il rumore secco dei colpi di pistola strappò Pippo Fava alla sua famiglia, ai suoi amici, alla sua terra. Ma non riuscì a spegnere la sua voce. Perché Pippo non è morto quella notte davanti al Teatro Verga di Catania. Vive nei suoi scritti, nelle battaglie che continuano a ispirare, nella memoria di chi crede ancora che la verità non possa essere messa a tacere.
Pippo Fava è il simbolo di un’Italia che non si arrende, un’Italia che non chiude gli occhi davanti al male, un’Italia che crede nella forza della parola e nella dignità dell’uomo. La sua vita è stata breve, ma il suo coraggio e la sua integrità risuonano ancora oggi, come un’eco eterna, nelle strade della sua amata Sicilia e del mondo.
Intervista di Enzo Biagi a Pippo Fava (1983)