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Lo zoo di Berlino
“Christiane F.” fu per me, che lo vidi da ragazzino, il rovescio perfetto del “Tempo delle mele”, una specie di lato oscuro ed estremo di quella che consideravo una generazione presa nel mezzo. Da un lato un certo onanismo eidetico e favolistico tipico di pellicole come “Blue Lagoon” o “Paradise”, dall’altro la chiaroveggenza a tratti zombiesca di una deriva ben precisa. L’epopea della deiezione grunge si raccoglie, ‘in nuce’, tutta qui, dall’altra parte del Muro. E con David Bowie danza sull’abisso. Una catabasi talmente profonda da tenerti a galla sul pelo della tenerezza. Restai così turbato dalla visione di questo film che decisi che mi sarei drogato anche io. Nella mia mente stringevo il laccio coi denti e infilavo l’ago. Avrei avuto il mio zoo, il mio rifugio suburbano, la mia ganga smidollata e becera. Ma ero uno stronzo. Un pavido “rebel without a cause”, una miniatura goffa di James Dean. E difatti alla fine non mi sono intossicato mai. Mai un tiro, mai una pasticca, mai nemmeno una sbronza. Ho avuto il mio rehab in compenso. Mentale. Ed interminabile.