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Misericordia
Apro gli occhi su un pensiero. Il pensiero è che mi odio quando faccio così. Incontro qualcuno. Lo ascolto mentre si racconta, mi ascolta mentre mi racconto. E poi mi spingo oltre e mi spingo oltre perché in definitiva ci sto veramente bene. E ci sto veramente bene perché stavo per perdere il lavoro e quando l’ho ritrovato era troppo tardi e avevo già perso un sacco di pezzi e volevo ridisegnare tutto quanto da capo. Gli parlo attaccato alla spalla, fitto e veloce e scoordinato e sbandato, e poi barbuglio e arranco e inciampo e mi incazzo e poi non lo so nemmeno io. So che vorrei che lui sentisse lo stesso, che mi stringesse, baciasse, invece no. Perché io sono un talebano, lui una persona, io sono irrequieto, lui eteroetero-dunque-sublima. Direzioni opposte che si incrociano per ragioni poco chiare. Ma siccome si sono incrociate allora divento arrogante e tronfio. E dopo è quella stanza grigia, la stanza delle decisioni. Che sono inutili quanto certi sughi. Sono un saltimbanco che fa la ruota, la capriola, uno che agli uomini stringe spesso il cazzo e rare volte la mano, e si dimentica di un sacco d’altre cose. Bisognerebbe chiedere misericordia. E non perché sono misero e da compatire. Ma perché so di poter essere anche meglio di così. So di poter essere un uomo. Come te.