Parte IX
L’Unione per il Mediterraneo (UPM)
Con una Dichiarazione, firmata da 43 Stati e dalla Commissione Europea, nel luglio 2008, il vertice del Capi di Stato e di Governo, a Parigi, varò l’Unione per il Mediterraneo (UPM), trasformando il PEM, che aveva operato dal novembre del 1995 fino al 2008. Componevano l’UPM 27 paesi membri UE, 12 paesi dell’area mediterranea (Algeria, Autorità Palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Mauritania, Monaco, Siria, Tunisia e Turchia) e 4 paesi dell’area balcanica (Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro). L’UPM presentava, rispetto al PEM, due novità principali: il carattere geopolitico e quello politico-istituzionale. Il carattere geopolitico derivava dalla partecipazione, rispetto al PEM, di paesi mediterranei, non facenti parte dell’UE, con un ampliamento, quindi, del formato mediterraneo, comprensivo anche di altri paesi europei non-UE. La configurazione geopolitica dell’UPM differiva, quindi, sostanzialmente da PEM, con un rapporto prioritario dei paesi UE con l’insieme dei paesi arabi e la scommessa di includere sia arabi che israeliani, quasi a sottolineare il ruolo di mediazione dell’UE, come fattore di pace nello storico conflitto. L’allargamento ai Balcani occidentali, tuttavia, attenuava, in parte, la valenza euro-mediterranea e caricava l’Unione di un carattere di eterogeneità, sotto il profilo politico e della sicurezza, risultando, alla fine, più problematica per la realizzazione di obiettivi di cooperazione e di governance. Il carattere politico-istituzionale evidenziava ancor più le differenze con il PEM, in quanto emanazione dei governi e non dell’UE. Mentre il PEM esprimeva la politica UE, l’UPM una politica intergovernativa, in quanto l’UE partecipava solo come semplice membro. L’UPM nacque con grandi speranze, anche se non mancarono voci critiche sul formato politico-istituzionale, che avrebbe reso non facile la sintonia tra tanti membri, appartenenti, peraltro, ad aree eterogenee, con esigenze ed obiettivi non del tutto convergenti. La parità assicurata, tra membri UE e membri non-UE, costituiva certamente un passo avanti, ma che non garantiva, di per sé, la cooperazione. Purtroppo, l’esperienza ha dimostrato quanto fondate fossero le perplessità e, oggi, bisogna registrare una frammentazione della politica mediterranea dell’UE, causata dal dualismo presente all’interno dell’UPM. Questa frammentazione è anche il portato dell’involuzione, che sta subendo l’UE, a causa del mancato approfondimento della propria identità politica ed istituzionale. Basterebbe ripercorrere gli obiettivi, che portarono alla nascita dell’UPM, per capire come essi siano stati progressivamente abbandonati: la promozione della cooperazione tra le due sponde del mare interno; la risoluzione delle problematiche legate all’immigrazione dai paesi meridionali verso quelli settentrionali; la lotta al terrorismo; il conflitto arabo-israeliano; la tutela del patrimonio ecologico mediterraneo. Dopo quattro anni dall’istituzione, bisogna riconoscere che l’UPM ha sostanzialmente fallito i suoi obiettivi e la sua missione. Anche il secondo tentativo europeo di organizzare una governance mediterranea, dopo l’agonia del PEM, durata otto anni, ha impiegato meno tempo per arrivare allo stesso risultato negativo. La rivoluzione, annunziata da Sarkozy, in nome della Francia, non è riuscita: il passaggio, da un processo sotto tutela UE ad uno intergovernativo, si è rivelato una grande illusione. Ed oggi, i partner della sponda Sud sono più lontani di quelli della sponda Nord di quanto non lo fossero nel 1995, alla vigilia della nascita del PEM. Solo una UE più forte, decisa, credibile e rispettata, con una politica estera coerente, capace di esprimere una volontà di utilizzare le risorse per attuare una concreta politica mediterranea, riuscirà a recuperare il tempo perduto. Tutto deriva dalla volontà di esprimere una forte politica estera e perseguirla coerentemente. Serve un’Europa forte, capace di esercitare una egemonia giusta, in grado di dare alla regione mediterranea un adeguato assetto, normativo e cooperativo. Sul piano geopolitico e geostrategico, questa politica estera non potrà essere “solo” mediterranea, ma dovrà avere un respiro sovra-regionale e globale, di più ampie vedute e più strategicamente mirata, avendo presente non solo la regione mediterranea, ma anche il Medio Oriente e il Grande Medio Oriente. Cooperazione economica e politica estera, forte e giusta, con una visione strategica, restano le due priorità dell’UE per garantire la stabilità, geopolitica e geostrategica, del “Mediterraneo allargato”.