Parte XI
Una radicale riforma delle politiche mediterranee dell’UE
Prima di accennare alle possibili linee di una radicale riforma delle politiche mediterranee della UE, può risultare utile approfondire le ragioni di fondo di quel disagio sociale, che ha determinato la crisi di alcuni regimi autoritari del Nord Africa. La precarietà delle condizioni economiche investe vastissimi strati sociali e colpisce tutte le generazioni, con una particolare gravità le più giovani. Le famiglie si sono impoverite e i giovani sembrano non aver altra prospettiva che sfidare, su un gommone, il Mediterraneo per emigrare, anche clandestinamente, anche a costo di perdere la vita. Se il tasso della disoccupazione giovanile nel mondo è del 14,5%, nel mondo arabo arriva al 30% ed incide al 51% sulla disoccupazione totale. E, paradossalmente, la disoccupazione della gioventù araba colpisce di più i diplomati ed i laureati. Questa situazione è destinata ad aggravarsi, anche in Algeria, che, pur beneficiando delle risorse energetiche, a differenza dei paesi petroliferi del Golfo, non produce sviluppo economico e sociale (disoccupazione giovanile al 46% e, sul quella totale, fino al 70%). Non mancano attese ed aspettative di miglioramento del clima sociale, per effetto della svolta che sarà impressa dai regimi democratici, che hanno sostituito quelli autoritari caduti, ma nessuno si può aspettare, a breve, un’inversione netta di tendenza, in materia di sviluppo economico, di lotta alla corruzione e di epurazione delle classi dirigenti responsabili del “sacco cleptocratico”. Riusciranno i responsabili delle nuove democrazie arabe ad imporre le riforme politiche necessarie ed a migliorare le condizioni economiche e sociali oppure, come ammoniva Alexis de Tocqueville, saranno travolti o si trasformeranno, anch’essi, in regimi oppressivi? Naturalmente, l’UE non può rimanere a guardare, anche perché il ruolo dei paesi della sponda Nord e delle organizzazioni economiche internazionali risulta determinante. Le discussioni, tra i membri UE, su come riformulare e su come rafforzare la politica euro-mediterranea, hanno almeno indicato i principali obiettivi da conseguire: 1) l’istitution-bulding: trasformazione democratica e consolidamento delle istituzioni; 2) un più forte collegamento operativo nella cooperazione con le popolazioni; 3) una crescita economica sostenibile ed equa. Altro discorso riguarda le modalità per perseguire questi obiettivi trasversali e che passano per: il criterio di differenziazione dei partner; il criterio di condizionabilità per le incentivazioni, chi dimostrerà di saper ben fare, riceverà di più (more for more); il criterio dell’estensione a tutti i partner dello statuto avanzato e il criterio del rafforzamento del dialogo politico, multilaterale e bilaterale, non solo con i governi, ma anche con le espressioni della società civile, anche per non cadere, di nuovo, nella trappola del sostegno a regimi autoritari, concepiti come bastioni della minaccia terroristica islamista. I fondamenti della riforma delle politiche mediterranee dell’UE sono: la promozione della democrazia e il sostegno ai processi di transizione nel Nord Africa, con politiche coerenti a tali obiettivi; il miglioramento qualitativo del sostegno economico, con una particolare attenzione al rafforzamento dei sistemi di istruzione e di formazione e alle aspirazioni socio-economiche delle popolazioni (un lavoro, un reddito, infrastrutture sociali); il bilanciamento delle iniziative di sviluppo tra i governi, che spesso si sono appropriati delle risorse a fini di arricchimenti personali, ed i privati e, laddove esistenti, le espressioni della società civile; il perseguimento diretto del benessere delle popolazioni, con programmi mirati; una politica unitaria dell’UE in materia di immigrazione e di immigrazione clandestina; il finanziamento e l’assistenza finanziaria per progetti infrastrutturali, anche privati; la realizzazione di una governance multilaterale dell’area mediterranea, conflitto arabo-israeliano e processi di transizione in atto, permettendo. Il ruolo della UE nel “Mediterraneo allargato” dipenderà anche dal futuro della NATO e dal rapporto tra l’UE e gli Stati Uniti. La trasformazione, cioè, della “pax americana” nella “pax cum America”, la quale, secondo alcuni autorevoli studiosi, sarebbe possibile solo se l’Unione Europea riuscisse a raggiungere un livello di coesione politica e una volontà di ricorrere, quando necessario, all’impiego della forza militare, tali da potersi trasformare in un partner credibile, affidabile ed efficace degli Stati Uniti.