Aprile 1986

 

Imparai a memoria “L’aquilone” di Giovanni Pascoli in terza media. E mi sconvolse la coincidenza di quel compito col funerale di un ragazzo di un’altra classe cui dovemmo andare con l’intera scuola. Pioveva e mi pare fosse di giovedí, e tutti pensavamo alla radioattività. Io pensavo al bambino emaciato che corre dietro l’aquilone, poi si ammala. La domenica spesso andavamo al cimitero del Verano coi miei. Io lo chiamo campo santo in realtà. E c’era quell’odore che fanno i fiori tra le tombe. Ma la domenica mattina a questo serviva: ad andare a Villa Ada o a Porta Portese o al Verano. E una volta mi ero fissato che volevo assolutamente uno di quei pulcini neri infilati nelle scatole di cartone. Solo che i miei non me lo presero mai.

Patrick Gentile

 

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