Archivi categoria: Critica letteraria

L’Ulisse dantesco oggi

 

 

 

Dante Alighieri ha fornito alla storia della letteratura mondiale il ritratto meglio raffigurato di Ulisse, collocato, insieme con Diomene, del girone infernale dei consiglieri fraudolenti, nell’immortale capolavoro Divina Commedia. L’Ulisse dantesco vive per sottoporre continuamente se stesso a fatiche d’ingegno, un volontario Ercole d’intelletto più che di forza fisica, in costante misura col proprio vigore spirituale, così tanto da rinunciare alle gioie del ritorno per amore di “virtute e canoscenza”. Ulisse decide di varcare le Colonne d’Ercole, poste dal semidio per segnare il confine tra la civiltà e l’ignoto, quest’ultimo metafora, sin dall’antichità, anche di non conoscenza e, quindi, di ignoranza. Io e’ compagni eravam vecchi e tardi / quando venimmo a quella foce stretta / dov’Ercule segnò li suoi riguardi / acciò che l’uom più oltre non si metta (Inf., XXVI, 106-109). Un’ultima impresa, dunque, principiata in tarda età, una sorta di testamento-azione.
Ed ecco che il celeberrimo eroe diviene emblema dell’anelito, tipico dell’uomo in quanto essere pensante, di varcare i propri limiti, di raggiungere, parafrasando Aristotele, la perfezione dell’anima, pervenendo alla conoscenza assoluta. Tale conoscenza, però, appartiene soltanto alla divinità e, quindi, non è perseguibile dall’uomo, il quale può soltanto avvicinarsi alla sapienza (divenir del mondo esperto, Inf. XXVI, 98).
Nel mondo contemporaneo, i limiti dell’uomo sono molto mutati rispetto ai tempi di Dante, a causa dell’evoluzione del pensiero verso orizzonti liberamente, totalmente laici, e per il progresso tecnologico spintosi a tal punto avanti, osando la messa in discussione di quelle che fino a qualche decennio fa apparivano granitiche certezze. La figura di Ulisse, quindi, e il suo varcare le colonne d’Ercole, a livello simbolico, è adesso più pregnante che mai.
Se, dunque, l’Ulisse dantesco soccombe ai limiti imposti da Dio, con la tragica fine del suo ultimo viaggio, a quali pene e a quale destino deve prepararsi l’uomo che, oggi, intende percorrere il medesimo cammino? Riuscirà a varcare indenne le Colonne d’Ercole?

 

 

 

La triste storia di Isabella di Morra, poetessa di Valsinni e del poeta Diego Sandoval De Castro, signore di Bollita

 

di

Cristina Manzo

 

 

Fa da sfondo alla vicenda la guerra franco-spagnola. Il periodo è la metà del Cinquecento. Isabella Morra (1520-1546), nata a Favale, l’odierna Valsinni, vicino Matera, da famiglia nobile, condusse una vita infelice e inquieta nel castello di famiglia, una severa rocca sulla valle del fiume Siri oggi Sinni, sognando la corte francese nella quale viveva il padre, costretto ad emigrare per aver parteggiato con gli sconfitti francesi contro gli spagnoli…

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Isabella di Morra (1520 – 1546)

 

 

I Buddenbrook, uno dei romanzi più significativi della letteratura europea

 

di

Federica Santoni

 

 

I Buddenbrook, decandenza di una famiglia è una maestosa e affascinante opera che Thomas Mann iniziò a scrivere nel 1898, a soli ventitré anni, ispirato dalle suggestioni di un periodo vissuto nella città di Roma. Erigendo una storia monumentale, egli attirò su di sé l’attenzione della critica letteraria, arrivando a guadagnarsi…

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Thomas Mann (1875 – 1955)

 

 

Così Alfred de Musset raccontò le sue notti travolgenti con George Sand e un’educanda

 

da

Stilearte.it

 

 

La parte autobiografia è intensa e circostanziata al punto che Gamiani, o due notti di eccessi (Gamiani, ou deux nuits d’excès), un breve romanzo erotico, pubblicato nel 1833 in forma anonima, è, dalla sua uscita, attribuito a Alfred de Musset. Grandissimo fu il successo dell’opera. All’inizio perchè i personaggi…

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Alfred de Musset (1810 – 1857)

 

 

Prologo a Emilio Praga. Penombre di una modernità nascente

 

di 

Matteo Veronesi

 

 

La raccolta Penombre di Emilio Praga si apre con un Preludio celebre, ma di cui non sono forse stati del tutto còlti, finora, il profondo sostrato filosofico e la portata largamente anticipatrice, quasi profetica. «Noi siamo i figli dei padri ammalati»: vi è, qui, già quell’idea di malattia, di decadenza, di deriva, di perdita di valori, e insieme di sorda, velleitaria, disperata eppure assurdamente entusiastica, rivolta ed ansia di palingenesi…

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Emilio Praga (1839 – 1875)

 

 

 

Giobbe mette Dio sul banco degli imputati. Sulla sofferenza innocente

 

di

Ignacio Carbajosa

 

 

«Se esiste al mondo un libro che merita la parola sublime, credo che sia quello di Giobbe». Parole pronunciate da Jorge Luis Borges in una conferenza tenutasi all’Instituto Cultural Argentino-Israelí nel 1965. Lo stesso aggettivo impiega Paul Claudel, dell’Académie Française, che nella sua monografia sul Libro di Giobbe dice che, tra i libri del Vecchio Testamento, «Giobbe è il più sublime, il più commovente, il più audace, e allo stesso tempo il più enigmatico, il più scoraggiante, anzi, oserei dire, il più rivoltante». Giustificando i suoi aggettivi, l’autore francese aggiunge…

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Giobbe

 

 

Il “Morgante” di Luigi Pulci e l’eroismo al contrario

 

di

Luca Mombellardo

 

 

“Tutte le nostre cose son cosi fatte: uno zibaldone mescolato di dolcie et amaro e mille sapori varii”.

Questa citazione è presa da una delle tante lettere che Luigi Pulci scrisse a Lorenzo de’ Medici, il principe che, per la sua autorevolezza nel potere e interesse per le arti, fu chiamato il Magnifico. Ma in fondo, non è che la massima aurea di chi ha compreso l’incomprensibilità del destino dell’uomo, e senza rimpianti si lascia trascinare dal vento...

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Luigi Pulci (1432 – 1484)

 

 

 

 

Decifrato il manoscritto di Voynich con l’Intelligenza Artificiale

 

di

Maximilian Ventura

 

 

Wilfrid Voynich era un antiquario e mercante di libri rari polacco. Nel 1912 si recò in Italia e durante il suo viaggio giunse a Frascati. L’Ordine dei Gesuiti voleva restaurare Villa Mondragone, ma non avendo molti fondi a disposizione decise di vendere una parte dei libri antichi in suo possesso. Fu così che l’antiquario divenne proprietario di uno dei manoscritti più controversi che sia mai stato rinvenuto. Del manoscritto non non si conosce l’autore né il titolo, ma quello che lo rende “misterioso” sono i caratteri utilizzati e la lingua…

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Alcune pagine del Manoscritto Voynich

 

 

 

 

Umberto Eco: “Così ho dato il nome alla rosa”

di

Antonio Gnoli

 

Venticinque anni fa in pochi avrebbero immaginato che un romanzo carico di ironia e di dottrina, sorprendente per ampiezza ed erudizione, a metà strada tra il teologico e il poliziesco, sarebbe diventato quello che ogni scrittore spera che accada, ma non confiderebbe neppure alla propria mamma, cioè un sogno da quindici milioni di copie. Il nome della rosa è stato questo…

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Umberto Eco (1932-2016)

 

 

 

Il lirismo e lo stile di Manzoni: “La madre di Cecilia”

 

 

Per chi è in grado di ravvisarli, un lirismo e uno stile da far tremar le vene e i polsi!!! Seppure dovesse mancarci tutto basta meditare una pagina del genere per urlare a se stessi di essere vivi e di percepirlo!!!

Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo.“…

 

Renato Guttuso, “Cecilia e la madre”