Si leggano le 854 pagine di “Saggio sullo Zarathustra” di Sossio Giametta (Aragno) oppure ci si fidi di me: contengono lo svelamento della figura di Nietzsche. Gesto accennato tempo addietro da Giorgio Colli e stavolta completato. Giametta, grande nicciologo, spiega che Nietzsche non è un filosofo e dimostra come sia invece un poeta, un critico della civiltà e, importantissimo, il fondatore di una nuova religione: la religione del corpo e della terra. Proprio la religione oggi vincente, quella a cui aderiscono le masse salutiste e ambientaliste…
Ecosostenibilità come fattore di sviluppo per le città. È uno dei risultati del City RepTrak Study 2015, un’indagine basata su 22mila interviste ad abitanti dei Paesi del G8. In base all’analisi, una città, per essere veramente smart, non deve limitarsi all’offerta di servizi interattivi, alla diffusione della banda larga, etc., ma deve dimostrare anche di attuare politiche ambientali all’avanguardia, tese al rispetto della bellezza dei luoghi e della natura. “L’attuazione di politiche sostenibili è uno dei 13 fattori che influenzano la reputazione delle città ed è il quinto per importanza, più rilevante della stabilità economica o delle infrastrutture: ciò significa che i cittadini del mondo attribuiscono parecchio valore al tema sostenibilità”, spiega Michele Tesoro-Tess, managing director di Reputation Institute Italy & Middle East. Per apprezzare al meglio il vantaggio competitivo creato da efficaci politiche urban green, può essere sufficiente guardare all’impatto che queste hanno su alcuni parametri del PIL. “Dallo studio 2015 risulta che un aumento di 5 punti in sustainability performance da parte di una città, corrisponde a una propensione dei cittadini mondiali a incrementare, in quel luogo, gli investimenti (del 3,9%), i viaggi (del 5,6%), lo shopping (del 4,7%)”, sostiene Tesoro-Tess (foto a sinistra). Pertanto, la scelta della meta di una vacanza, la decisione su dove stabilire un’azienda o, ancora, ad esempio, la programmazione del trasferimento da parte di un talento, sono fortemente legate alla sostenibilità/reputazione della città. Se si prende, ad esempio, Stoccolma, la città leader tra le 100 al mondo, esaminate sotto il profilo della reputazione green, questa può vantare il 43% degli intervistati nel mondo, che investirebbe nella città, il 65% che la visiterebbe in vacanza e il 49% che andrebbe a viverci. Guardando, invece, in casa nostra, a Milano – al 37esimo posto della classifica insieme con Roma -, le stesse percentuali ammontano al 31%, al 59% e al 34%. Si può e si deve far di più per migliorare sia le politiche green, sia la percezione delle stesse. Sfogliando la Top 50 delle città giudicate in base alla sostenibilità percepita, nel 2015, come già detto, è balzata al comando Stoccolma, scalzando Monaco di Baviera, davanti alle australiane Melbourne e Sydney, che storicamente hanno sempre avuto performance eccellenti. Al settimo posto, Londra. Una menzione speciale la merita Vancouver (18esima). Questa sta diventando, negli ultimi anni, la star internazionale della sostenibilità. Dal 2011 sta trasformando in realtà l’ambizioso Greenest city 2020 action plan, avvicinandosi sempre più all’obiettivo di diventare, entro il 2020, la città più ecologica al mondo. Dieci gli obiettivi da raggiungere in diversi ambiti: green economy, leadership sui cambiamenti climatici, green building, trasporti sostenibili, zero waste, accesso a spazi verdi, impronta ecologica più leggera, acqua e aria pulita, prevalenza di alimenti a km 0. Vancouver ha già realizzato più dell’80% delle azioni prioritarie, fissate nel 2011 per raggiungere i 10 obiettivi, vincendo 9 premi negli ultimi due anni per la vivibilità e la sostenibilità. Ritornando alla classifica del Reputation Institute, tra i continenti svetta l’Europa: 7 città tra le top 10 sono, infatti, nel Vecchio continente: Stoccolma, Ginevra, Copenhagen, Berlino, Londra, Zurigo e Oslo. Delude, ma non mi sorprende, la posizione delle italiane; come già detto, Roma e Milano si fermano al 37esimo posto, Firenze al 48esimo, nemmeno pervenuta Venezia. Cosa fare dunque per accrescere la reputazione green delle città? Bisogna, innanzitutto, partire da un piano condiviso e articolato di politiche efficaci, a difesa dell’ambiente e della vivibilità, senza “imbarazzarsi” di attingere dalle best practice internazionali. Dopodiché, è necessario metterlo in pratica, con coerenza, evitando che resti “carta morta” (cosa che, troppo spesso, avviene nella nostra bella Italia), accollandosi anche investimenti (non costi) extra. E, infine, comunicare i miglioramenti raggiunti con una forte azione di merketing internazionale. “Troppe volte abbiamo visto città, Paesi e anche aziende realizzare cose eccellenti nell’ambito della sostenibilità, senza poi renderle note al mondo: così i risultati si affievoliscono e l’entusiasmo si smorza; solo facendo sistema, tra pubblico e privato, tra Governi e cittadini, la sostenibilità può diventare una leva di extra-Pil», conclude Tesoro-Tess. Tutto facile a dirsi e, forse, anche a farsi, come dimostra il caso Vancouver, se solo, però, ci fosse il forte impegno del Governo centrale, oltre a quello, non troppo scontato, di cittadini e imprese.