La maggior parte delle persone desidera ciò che non può avere. Una parte assai esigua di esse raggiunge quel che desidera dopodiché scopre la noia. Un numero infinitamente piccolo di esse raggiunge quel che desidera e trascorre il resto della propria vita pregando che non finisca.
In che modo sono cambiato io? Prima vivevo la mia vita dal di dentro, e mi sembrava una strada senza fine. Dopo dal di fuori e ora ogni tanto la vedo per quel che veramente è. Parlo della sua misera piccolezza. Eccola, sta tutta in una mano. Così minuta e circoscritta tra ciò che è stato prima, e tutto quello che a lei seguirà. E mi fa male. Accorgermi non solo dell’immane spreco che spesso sono stato. Ma, ed è questa la parte più terribile, anche del risparmio di cui mi sono reso inutilmente capace.
La maggior parte di quelli che conosco hanno sofferto quando non sono stati corrisposti. Io credo di soffrire del male opposto. Il mio autismo sentimentale è come un muro, non ha ingressi. Come mi metto con quest’uomo? L’ho portato da questa parte e ora che avverto il suo desiderio mi sento paralizzato. Sarà domenica. E poco fa già ragionavo su quale scusa mettere. Potrei dire che si è ammalato qualcuno e non posso più. Oppure vado e tronco. Io non so cosa mi abbia fatto diventare quello che sono diventato. Cosa volevo provare a me stesso? Che miracolo dovrebbe compiere un uomo che vorrebbe trascorressi i momenti più felici della mia vita proprio con lui? Io sono un uomo che per essere felice ha bisogno che nessun amante entri nella sua vita. Non lo faccio apposta, ma non sono in grado di amare nessuno. Né chi non mi ama. Né chi forse vorrebbe. Sono un’aberrazione?
Ho questa voglia di vento negli occhi. Una specie di primavera della mia esistenza tutta. In ogni cosa che dico o faccio. Come se stessi rinnovando totalmente le mie cellule, i miei pensieri, la mia emotività. È come se avessi una fame sovrumana d’amore. E non parlo nemmeno tanto di un amore al maschile, di un uomo. Parlo di tutto: di un uomo, del mio cane, dei parchi, del mio libro, di Roma, della notte, della musica. Voglio giorni nuovi, ricominciare ogni cosa. Voglio l’immensità.
Nella vita c’è un solo modo per sottrarsi alla schiavitù. Acquisire potere. Giorno dopo giorno. Potere, esatto. Non c’entra Dio e non c’entrano i sentimenti o l’umanitarismo. C’entri solo tu e la scalata che devi fare se non vuoi campare e crepare sotto le scarpe del mondo. Potere. Ficcatelo bene in testa. Potere.
Parto da un semplice presupposto. L’uomo non è un cane. In questo senso mi considero figlio di Schopenhauer. Schopenhauer allibì davanti agli esperimenti sugli animali e davanti alla vivisezione e comprese così la smisurata crudeltà umana. Io parto dal medesimo presupposto che l’uomo è fondamentalmente un essere cattivo. Io anche sono un uomo. Sillogismo vuole che sia quindi io stesso cattivo. Appurare che l’umanità è cattiva e che siamo cattivi è il primo passo. Il primo passo verso una difficilissima presa di coscienza. Il primo passo.
La magia del golfo di Napoli, le cui acque appaiono simili a quelle del fiume Leté, il fiume dell’oblio, di cui Dante Alighieri dà contezza poetica nella seconda cantica del divino poema. Nel Paradiso terrestre, sulla cima del monte del Purgatorio, le anime purificate vi si immergono, per dimenticare le loro colpe terrene, prima di ascendere in Paradiso. Allo stesso modo, l’immersione dello sguardo in questo mare di sublime splendore fa obliare il peccato della contemplazione della bellezza!
Ho amici maschi spaventati dalle loro mogli/compagne carceriere, controllati nei movimenti, che siano virtuali oppure reali. Ho amici oppressi, indagati, ammanettati, resi colpevoli, ridotti a figli come i loro stessi figli, né più né meno, ridotti a turisti sessuali. Campano di strategie misere, non hanno più amici e se li hanno – perlomeno ufficialmente – bene che siano accoppiati pure quelli. Ho amici e amiche intrappolati da altri individui senza cervello. Terrorizzati all’idea di far da soli mentre a guardar bene è una vita intera che fanno da soli. Ho gente intorno che vive in libertà vigilata solo perché sotto sotto non sa dove sbattere la testa. Gente deportata, alla mercé di kapò e aguzzini infelici quindi cattivi. Con loro non so mai bene in che lingua parlare. E non posso certo star lì a ragionare di fallimento anche se l’unica parola che ho in mente è quella.
Stanotte scorrevo il film della mia vita. Un ragazzo frivolo eppure consapevole. Questo sono. Ho puntato a divertirmi con quel che avevo a portata di mano. Sempre. A volte forzando un po’ il gioco. Una sola volta ho fatto un frontale indimenticabile, di quelli che balzano in prima pagina, se sapete che intendo. E fu quando mi innamorai. Claudio. Là fu come spararsi acidi in dose da elefante, in una notte sola. Mi hanno raccolto col cucchiaino. Dopo però ho scopato come un barbaro. Usando il profilattico, logico. Lo stesso che per abitudine metto a tutte le persone, anche quelle che non mi fottono, e cioè i conoscenti, gli amici. Non lo faccio apposta. Serve a proteggermi dalla loro vulnerabilità. A rendere me autonomo. Amico di me stesso. Forte abbastanza anche per loro. Frivolo ma consapevole, ripeto. Frivolo ma consapevole.
I miei hanno fatto del loro meglio. La corazza me la sono però fatta da solo. Se un figlio viene su marcio non significa che i genitori non lo abbiano saputo proteggere/amare/corazzare. È il mondo intorno che ti forgia. La famiglia ha sì un peso. Ma fuori delle mura domestiche è terra di nessuno. E questo lo sappiamo tutti. I miei quando avevo dieci anni mica sapevano che ero omosessuale. Eppure a scuola mi sfottevano. Io dal mio inferno mi sono salvato da solo. Io sono esercito di me stesso. I miei hanno contato certo. Ma io ho dovuto fare da me. La famiglia arriva dove può. Bene accettarlo subito. E non credersi degli dei.