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ML. SS. Cioè che mi hai portato a fare sopra al Comune se non mi vuoi più bene?

 ovvero

 “La vera storia dell’affaire Casa di Riposo a Massa Lubrense”

 

Dramma satiresco, molto sui generis, in forma narrativa, in atto unico, con interpolazioni morali.

 

Autore: Riccardo Piroddi

Personaggi: I Rivoluzionari (varie figure); I Membri (forse è meglio dire Componenti) del Consiglio Comunale di Massa Lubrense, Maggioranza e Opposizione (varie figure); Il Pubblico (varie figure); Un giovane ingenuo e un po’ tonto (parla in virgolettati tra parentesi quadre); Il Diavolo (che fa le ciambelle senza coperchi e le pentole col buco. Fuori scena)

Regia: Massoneria massese, che sta operando, non troppo segretamente, per imbucare i propri adepti e neofiti nelle liste per la prossima competizione elettorale comunale.

P.s. Poiché il 27 Giugno 1969 i Led Zeppelin tennero un concerto al PlayHouse Theatre di Londra durante il quale fu registrato un album live dal titolo “White Summer” (e questo che c’entra? Boh!) i nomi propri e i cognomi degli interpreti rimarranno taciuti.

 

Prologo

Gentili lettori, nella Grecia classica, in occasione delle feste sacre allestite dai cittadini benemeriti in onore delle divinità, si celebravano gli agoni tragici, durante i quali ogni autore era tenuto a rappresentare tre tragedie ed un dramma satiresco. Le tragedie avevano funzione educativa e purificatrice dalle passioni negative, Aristotele ebbe a dire catartica, mentre il dramma satiresco era inserito nella rappresentazione tetralogica (tre tragedie più il dramma) al fine di sollevare l’animo degli spettatori affinché, dopo aver assistito a eventi tremendi, morti ammazzati, corpi squartati, uomini accecati etc., trovassero lieve motivo di diletto, per non tornare a casa più infelici e tristi di prima. Inoltre, poiché etimologicamente tragedia vuol dire “canto di (uomini travestiti da) capri”, e i nostri politici a volte sono “tragici” (vedi etimologia!), lascio loro la stesura delle tragedie, e a me riservo la scrittura di questo dramma. Buon divertimento!

 

Giovedì 30/9/04, ore 20.00 circa, piazza Vescovado a Massa Lubrense. Giunsero “sotto al Comune” i primi Rivoluzionari, i quali, dopo aver raccolto 1200 firme contro la delibera di Giunta Comunale n° 251 del 7/9/04 avente per oggetto la vendita della Casa di Riposo a Sant’Agata sui Due Golfi all’ASL, son venuti a presidiare la sala consiliare per impedire al Consiglio Comunale l’approvazione di questo scellerato provvedimento.

 

Il Pubblico arrivò alla spicciolata e si formarono combriccole che discutevano se la protesta si dovesse rivolgere contro la vendita della Casa di Riposo in sé, contro l’Asl che intendeva creare una struttura per tossicodipendenti e malati di mente, oppure semplicemente contro la Maggioranza consiliare. I Membri – perdonatemi lettori – i Componenti del Consiglio Comunale, si avviavano lentamente nella Stanza dei Bottoni, dopo aver rivolto qualche parola conciliante ai Rivoluzionari e al Pubblico, quasi a dire: “Non è stata colpa mia, perdonatemi”, “Non sono stato io, non posso farci comnulla”, fino a quando giunse il Capo dei Rivoluzionari, seguito dai suoi minacciosi luogotenenti, da lacchè in uniforme da parata e da una Donna, con il viso di bambola, bella come le “onde/ del greco mar da cui vergine/ nacque Venere, e fea quelle isole feconde…”, chiedo venia, lettori, ma il solo nominarla mi lascia sovvenir “l’eterno/ e le morte stagioni, e la presente/ e viva e il suon di lei…”. Questi, il Capo dei Rivoluzionari, per omonimia con il più famoso Che Guevara, si presentò con un sigaro in bocca, grosso quanto lo schioppo con cui Giovanni dalle Bande Nere combatteva i Lanzichenecchi di Carlo V, calati in Italia nel 1526, agli ordini del generale Frundsberg, che portava legato alla sella del suo cavallo un cappio in corda d’oro col quale, diceva, “di volervi impiccare il Papa”. Uuuh mamma mia!

La brigata rivoluzionaria si avviò “sopra al Comune” e ordinatamente tutti si sistemarono per godere della migliore visuale possibile e dell’angolo di tiro più preciso (si vociferava di lanci di oggetti quali verdure, uova, petardi, sanitari). Il chiacchiericcio del pubblico, oltre 600 secondo i Rivoluzionari, circa 130 secondo le Forze dell’ordine, praticamente 5 o 6 secondo quanti avevano veramente capito che cosa ci erano andati a fare, fu smorzato quando entrarono in scena, con incedere tremolante, i 20 Re Magi e cominciò l’Epifania. La parola all’Assessore al Patrimonio che esordì caldeggiando il ritiro della scellerata delibera da lui proposta [Il giovane ingenuo e un po’ tonto pensò: “Scusate, ma allora mettiamoci d’accordo! Proponiamo prima e ritiriamo poi?] perché il paese si era movimentato contro il provvedimento ed erano dunque necessarie una nuova discussione e una riformulazione del provvedimento stesso: “Con l’aiuto dei cittadini che sono stati così attenti verso un argomento così importante, anche a causa della non puntualità con la quale abbiamo (o non abbiamo) avvisato i cittadini”. [Ed è qui che il Diavolo fa le ciambelle senza coperchi e le pentole col buco!!! Il giovane pensò: “Ma scusate, allora che ci state a fare! A questo punto non facciamo più le elezioni, veniamo noi a fare gli amministratori, prendiamo noi lo stipendio, che con questi chiari di luna non farebbe male, ci avvisiamo e discutiamo da soli!]. “Propongo quindi di ritirare l’argomento in questione”. Tieeeh!

Il Sindaco: “ L’argomento è ritirato”.

Ed ecco che, come il mostro marino che comparve all’improvviso dal “risonante mar lungo la riva” antistante Troia per mangiarsi in un sol boccone il sacerdote Troiano Lacoonte e i figli, colpevole, il primo, di non volere che si trasportasse all’interno delle mura il famoso Cavallo [“E bene diceva, vista la fine che avrebbero fatto i suoi concittadini!”], dai banchi dell’opposizione si alzò il Capo, che chiese che non si ritirasse proprio niente e che, invece, si discutesse. Il Sindaco, allora, sospese la seduta e diede inizio ad un breve e acceso scambio di vedute con il Capo dell’Opposizione sulla liceità della sospensione della seduta stessa, sul fatto se fosse possibile o meno l’apertura di una discussione dopo il ritiro dell’argomento, etc. [Il giovane fece le stesse, precedenti, amare considerazioni “…”]. Il Capo della minoranza, allora, pronunciò un’orazione degna delle migliori scuole di retorica dell’antichità. Quale forza e validità avrebbero potuto avere le parole di Solone, di Marco Antonio [“Ma Bruto è un uomo d’onore!”] di Pietro l’Eremita, di Gerolamo Savonarola, dell’ultimo condottiero, in latino Dux, che arringava dal balcone, nei confronti del miglior discorso propagandistico che si sia ascoltato da queste parti da quando ce l’hanno buttato giù dal balcone il condottiero di prima! (Da quando l’Italia è diventata una Repubblica n.d.a.). Appellandosi al sacro valore della democrazia, al sacro valore del coinvolgimento dei cittadini, al sacro valore che il Sindaco vorrebbe fuggire la discussione, al sacro valore delle Forze dell’ordine presenti, al sacro valore che il Diavolo, ancora e sempre lui, fa le ciambelle senza coperchi e le pentole col buco, iniziò un’arringa durante al quale i familiari, i clientes – alla latina fa più chic – i supporters, accalcati in prima fila, sembravano rapiti, ricalcavano la condizione di turbamento estatico che una volta, in un noto club riminese, investì chi scrive, allorquando una graziosa spogliarellista completò la sublime opera di denudamento… Il Capo dell’Opposizione lodò i Rivoluzionari, asserì che le firme contro il provvedimento scellerato o contro la scellerata Maggioranza (è uguale) sarebbero dovute essere 10.000 se solo vi fosse stato più tempo per raccoglierle [“Ma che cos’è un referendum di Pannella!”] e andò giù pesante: “Si stanno vendendo tutto, Proprietà Baccolini, il Funno a Metrano, i pantaloni, le mutande [“Ah, quanto erano belle quelle della spogliarellista riminese!”], stanno amministrando allegramente le finanze comunali, sono un’allegra amministrazione [“E meno male! Visto che non qua non c’abbiamo manco più gli occhi per piangere, almeno c’è chi ci fa ridere!”], devono vendere la Casa di Riposo perché sono sul burrone del disastro economico (stanno per chiudere, n.d.a.), così con i soldi ricavati, 10 miliardi [“Ma non c’è l’Euro adesso?”] estingueranno i debiti, spenderanno qualcosa per i guai che hanno in corso e gli resterà pure qualche spicciolo per la campagna elettorale [“Ma lei doveva fare il Ragioniere dello Strato!”]. Per non parlare poi delle parcelle multi milionarie (In Lire n.d.a.) date ad avvocati e tecnici: 80 milioni, 100 milioni, 120 milioni, in Lire suonano meglio, [“E che sono la Banda di Massa?”] per controllare l’esattezza di alcune procedure, con i tecnici, gli architetti, gli ingegneri buttati qua sopra [“Ma che, il Comune è diventato un secchio dell’immondizia?”]. E se non fosse proibito per legge, venderebbero pure la Casa Comunale, perché non ci sono soldi che bastano a questi signori! Ma bisogna invertire la rotta, bisogna pensionare questi signori [“Aaaaaah, perciò volevano vendere la Casa di Riposo, per paura di finirci dopo la pensione. Hai capito, hai capito…”] Non è il caso stasera, organizzeremo incontri e assemblee pubbliche, vi chiarirò tutto quello che ignorate, vi informerò su tantissime cose che non sapete, [“Ma chi è Nostradamus!”] poi deciderete per chi votare [Il giovane di prima non ce la fa più e pensa: “Scusate, io sono venuto qui per capire qualcosa sulla faccenda della Casa di Riposo, ma, finora, mi hanno fatto solo capire che la Maggioranza si sta vendendo il Comune, che l’Opposizione ha fatto come il pastore Benino, che dorme mentre il lupo viene a mangiarsi le pecore e si sveglia quando arrivano gli altri pastori, che invece di amministrare si pensa a ridere e scherzare, che siamo qui per onorare i nuovi salvatori della patria che hanno scoperto dopo i cittadini quanto la scellerata Maggioranza stesse facendo. Ma che siamo venuti a fare, ad applaudire l’Opposizione, ad impiccare il Sindaco, a ritirare gli inviti per le prossime conventions della minoranza o a capire qualcosa circa questa delicatissima questione? Boh!!!]

Ma il climax, nota figura retorica, raggiunse la vetta, l’apoteosi del (dis) gusto e del (in) colore, allorquando il Capo dell’Opposizione, con il dito puntato, pronunciò le seguenti parole, taglienti come la lama di una spada di plastica: “Cittadini, la colpa del disastro è di questi tre signori!!! (Il Sindaco, il neo Vice Sindaco ex Assessore al Bilancio e il Direttore Generale n.d.a.). Il Pubblico (le prime file), fino a quell’istante attento in religioso silenzio, alle parole del Capo, come gli spettatori allo Stadio S. Paolo quando Renica al 119’ del secondo tempo supplementare trafisse Tacconi, esplose in un impeto di gioia, di approvazione, di applausi, di urla, di frizzi e di lazzi, di benedizioni, entrarono le ballerine di Can Can, le gheische giapponesi aprirono gli ombrellini di seta ondeggiandoli, la cavalleria del Generale Custer diede la carica, il coro delle Voci bianche in Vaticano intonò il ritornello di “O’ surdato ‘nnammurato” etc., etc., etc., per il proprio eroe, che terminò la sua Filippica così come Cicerone scoprì la congiura di Catilina… Ristabilito a fatica lo status quo (come stavano le cose prima n.d.a.), riprese la rappresentazione artistica che ha reso famoso nel mondo Mario Merola: la sceneggiata. Alcuni cittadini intervennero per esprimere all’assemblea i propri turbamenti e un Consigliere di minoranza, alla maniera dei quodlibeta nelle università medievali, intavolò con il Sindaco un’istruttivissima discettazione circa la professione di un notissimo ristoratore presente in platea; Abelardo e Bernardo di Chiaravalle (Sindaco e suddetto Consigliere n.d.a.) logomachizzarono se il succitato imprenditore dovesse andare a fare il cuoco o piuttosto se cucinasse bene. Il pubblico, espertissimo di teologia, di filosofia medievale e di questione degli universali, salutò con molto fervore la divagazione coltissima dei due novelli Magistri philosophiae, che bene si inserì nella farsa che stava ivi avendo luogo.

Così, dopo il comunicato stampa personale dell’ex Vice Sindaco dimissionario, il quale annunciò a tutti, come fa solitamente il Presidente Ciampi, l’auspicio di una comunanza di intenti circa la delicatissima questione [“E allora???”] e l’intervento del neo Vice Sindaco, volto a rispondere e, in parte, a confutare la brillantissima Catilinaria del Capo dell’Opposizione, il Sindaco sospese per qualche minuto la seduta e i Rivoluzionari, il Pubblico, il giovane ingenuo e un po’ tonto, il Diavolo, che continua a fare le ciambelle senza coperchi e le pentole col buco, avendo capito meno di quello che avevano capito prima di arrivare, si avviarono mestamente “sotto al Comune” e, come recita il titolo di un capitolo de Il nome della rosa del divino professor Umberto Eco, l’unico che riuscirebbe veramente a capirci qualcosa, “Tutti andarono a letto più infelici e tristi di prima”. Per questo io ti chiedo: “Cioè che mi hai portato a fare sopra al Comune se non mi vuoi più bene?”. 

FINE

 

Pubblicato a novembre 2004 su L’Indice – Mensile di approfondimento della Penisola Sorrentina

 

Massa Lubrense indossa l’abito estivo

 

Una fiaba apocrifa narrata dalla Principessa Zoza ne Lo cunto de li cunti, opera dello scrittore napoletano cinquecentesco Giovan Battista Basile, riferisce che all’epoca in cui il Pio Abate Don Antonio Bassolino da Afragola e i suoi fraticelli di povera vita comune ascesero alle poltrone del Consiglio Regionale della Campania, il territorio fu invaso da sacchetti di immondizia. I fedeli esasperati cominciarono maldestramente a credere che l’immondizia avesse spontaneamente abbandonato il Palazzo del Governo Regionale, perché indegna di quella nuova colà insediatasi. Il Santo Abate, per mettere a tacere le sediziose voci del popolo, chiese e ottenne dal Papato di Montecitorio una pioggia di quattrini e oboli, per far si che l’immondizia tornasse alle sedi naturali. Ma il sacro danaro, frutto del lavoro dei fedeli, fu dall’Abate sapientemente distribuito tra i suoi fraticelli di povera vita comune e gli ordini monastici di Gomorra (il testo è poco chiaro su questo punto). I sacchetti di immondizia, intanto, continuavano a passeggiare per strada. Il Santo Abate allora, chiese e ottenne che il vescovo Catenacci assumesse la direzione della delicata faccenda, ma l’immondizia, nonostante tutto, seguitava a deambulare per le vie di ogni contrada. Ma i fedeli, tristi e sconfortati a causa del mortifero odore di quella ingombrante presenza, anche in previsione delle canicole estive, non contenti del risultato precedente, regalarono un dieci per cento in più di voti ai fraticelli del Santo Abate alla Provincia di Napoli. Il Santo Abate, dal canto suo, constatato come la Regione Campania fosse ormai più rossa di vergogna perfino dell’Emilia Romagna, rivolgendosi ai credenti, durante le abituali benedizioni Urbi et Orbi, diceva: “Ricordatevi, immondizia siete e nell’immondizia rimarrete!”.

 

Pubblicato a maggio 2005 su L’Indice – Mensile di approfondimento della Penisola Sorrentina