Archivi categoria: Storia

La triste storia di Isabella di Morra, poetessa di Valsinni e del poeta Diego Sandoval De Castro, signore di Bollita

 

di

Cristina Manzo

 

 

Fa da sfondo alla vicenda la guerra franco-spagnola. Il periodo è la metà del Cinquecento. Isabella Morra (1520-1546), nata a Favale, l’odierna Valsinni, vicino Matera, da famiglia nobile, condusse una vita infelice e inquieta nel castello di famiglia, una severa rocca sulla valle del fiume Siri oggi Sinni, sognando la corte francese nella quale viveva il padre, costretto ad emigrare per aver parteggiato con gli sconfitti francesi contro gli spagnoli…

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Isabella di Morra (1520 – 1546)

 

 

Babilonia all’epoca di Hammurabi

 

da

library.weschool.com

 

 

Nella prima fase del suo regno, Hammurabi, asceso al trono di Babilonia nel 1792 a.C., è impegnato in una serie di campagne militari che hanno come scopo principale la definizione dei confini del proprio regno rispetto a quelli dei vicini regni di Eshnunna e Mari. La sconfitta nel 1764 a.C. dell’avanzata elamita in Mesopotamia segna invece l’inizio di una politica di espansione…

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Hammurabi (1810 a.C. – 1750 a.C.)

 

 

Flavio Romolo Augusto: l’ultimo imperatore di Roma

 

da

Storiedistoria.com

 

 

Flavio Romolo Augusto, ricordato per il diminutivo di «Augustolo» ovvero «piccolo Augusto», viene ritenuto dagli storici l’ultimo imperatore romano d’Occidente, dal momento che dopo essere stato destituito dal comandante sciro Odoacre…

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Moneta d’oro raffigurante Flavio Romolo Augustolo

 

 

 

La leggenda di Maometto

 

di

Eliot Weinberger

 

 

Quattrocentoventimila anni prima della creazione dei cieli – o della terra o dell’empireo o del trono o della tavola della legge o della penna divina o del paradiso o dell’inferno – Dio creò la Luce di Maometto. La Luce passò attraverso venti mari di luce, e ognuno conteneva le scienze che nessuno comprendeva all’infuori di Dio stesso. E quando la Luce emerse dall’ultimo mare…

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“La nascita di Maometto”
Miniatura di un manoscritto ottomano del Siyar-i Nebi

 

L’arcangelo Gabriele riferisce la Rivelazione di Dio a Maometto

 

 

Un giallo storico risolto: Cangrande della Scala morì avvelenato

 

da

Focus

 

 

Cangrande della Scala, il signore di Verona amico e protettore di Dante, fu davvero avvelenato. A risolvere il giallo sulla morte improvvisa e in giovane età, per una misteriosa “febbre”, del condottiero ghibellino è stato un gruppo di “paleodetective”. Facendo l’autopsia sul corpo dell’uomo…

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Cangrande della Scala (1291 – 1329)

 

Le profezie della mistica Emmerick e la rovina della chiesa con due papi

da

Il Foglio

 

Chissà se Giovanni Paolo II, nel 2004, avrebbe mai immaginato che un giorno neanche troppo lontano la monaca tedesca che si accingeva a beatificare sarebbe divenuta di grande attualità? Sono passati solamente 9 anni (articolo del 2013, ndr) da quel 3 ottobre del 2004 quando, il grande Papa polacco, il più grande “canonizzatore” della storia della chiesa, elevò agli onori degli altari Anna Katharina Emmerick, monaca agostiniana tedesca vissuta tra il 1774 e il 1824, proclamandola beata..

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Anna Katharina Emmerick (1774 – 1824)

 

 

Eleonora d’Aquitania, la donna che volle farsi due volte regina

da

ilnuovomondodigalatea.wordpress.com

 

 

Bella. La si riesce ad immaginare solo così, Eleonora; e fa un po’ strano figurarsela, perché, chissà come mai, nel Medioevo si dà per scontato che siano stati tutti brutti, sporchi, sdentati ed anche un po’ deformi. Invece no, lei doveva essere bella, bellissima, di quella bellezza un po’ imperiosa ed inquietante, poi, che hanno solo le donne di carattere e di ingegno, quella che non passa con gli anni, insomma, ma semmai aumenta...

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Eleonora d’Aquitania (1122 – 1204)

 

Il ruolo del Mediterraneo nella geopolitica e nella geostrategia

 

Parte XII

 

Conclusioni

 

Si può concludere che il “Mediterraneo allargato” continuerà a rappresentare, sotto il profilo geopolitico e geostrategico, il paradigma dei contrasti e dei conflitti, che si manifesteranno sul teatro globale. La stabilità dell’area mediterranea, inoltre, dipenderà anche dal successo, o meno, delle politiche di consolidamento della democrazia e della cooperazione economica allo sviluppo, che la sponda Nord e, in particolare, l’UE riusciranno a realizzare, in un nuovo spirito di collaborazione paritaria con le democrazie nascenti. In linea teorica, gli Stati membri dell’UE hanno concordato sulla necessità di appoggiare, senza indugi, i processi di pacifica transizione politica, che si sono manifestati nel Nord Africa e nel Vicino Oriente, e sulla revisione, in senso migliorativo, delle politiche mediterranee di cooperazione e di sviluppo. Bisogna riconoscere, tuttavia, che, dai confronti in atto, tra gli Stati membri UE, si va affermando, non tanto una radicale ed innovativa riforma delle politiche mediterranee, tanto attesa, quanto un’opzione di miglioramento, di rafforzamento e di aggiornamento delle stesse (rafforzamento della PEV; trasformazione dell’UPM, superando il conflitto fallimentare tra il secondo pilastro – collaborazione politica e di sicurezza – e gli altri pilastri – collaborazione economica e culturale), senza la modifica della logica esistente. Non prevale l’applicazione, con rigore e coerenza, del criterio della condizionabilità, del criterio di sostegno preferenziale del settore privato dell’economia e del criterio della minore interferenza negli orientamenti politici e religiosi, che si affermeranno, tramite libere elezioni. In particolare, mentre si preannunciano continue ondate di immigrazione clandestina, ancora non si afferma, in sede comunitaria, l’urgente necessità di individuare una comune e coerente politica della mobilità e dell’immigrazione nell’area mediterranea. Sul tema dell’immigrazione, legale e clandestina, permane una visione fortemente conservatrice, per cui si manifesta più la disponibilità ad aumentare le risorse finanziarie per fronteggiare l’assistenza ai migranti, piuttosto che la reale volontà di definire una politica europea dell’immigrazione, che venga sostenuta non solo dai paesi di frontiera della sponda Nord del Mediterraneo, ma da tutti gli Stati membri dell’UE. Questa incertezza dell’UE condiziona anche una visione unitaria su come affrontare altri teatri di crisi, come la Siria. Allo stesso modo, l’UE non sembra sufficientemente pronta ad affrontare ed a risolvere le questioni che si pongono, con l’emergere di nuovi importanti attori della scena internazionale, come la Cina, l’India e i paesi del Golfo. Sarebbe necessaria una radicale riforma delle politiche mediterranee, una nuova logica, che inquadri il “Mediterraneo allargato” non come un’area separata dalle altre aree, specie quelle immediatamente adiacenti. Non è più possibile separare il Mediterraneo dal Medio Oriente, anche perché crescente risulta, sulla regione, l’influenza dell’Iran, del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti e del Kuwait. La nuova politica euro-mediterranea, a mio giudizio, dovrà essere non solo migliorata, ma riformata radicalmente, tenendo presente le interrelazioni con il Medio Grande Oriente.

 

 

Il ruolo del Mediterraneo nella geopolitica e nella geostrategia

 

Parte XI

 

Una radicale riforma delle politiche mediterranee dell’UE

 

 

Prima di accennare alle possibili linee di una radicale riforma delle politiche mediterranee della UE, può risultare utile approfondire le ragioni di fondo di quel disagio sociale, che ha determinato la crisi di alcuni regimi autoritari del Nord Africa. La precarietà delle condizioni economiche investe vastissimi strati sociali e colpisce tutte le generazioni, con una particolare gravità le più giovani. Le famiglie si sono impoverite e i giovani sembrano non aver altra prospettiva che sfidare, su un gommone, il Mediterraneo per emigrare, anche clandestinamente, anche a costo di perdere la vita. Se il tasso della disoccupazione giovanile nel mondo è del 14,5%, nel mondo arabo arriva al 30% ed incide al 51% sulla disoccupazione totale. E, paradossalmente, la disoccupazione della gioventù araba colpisce di più i diplomati ed i laureati.  Questa situazione è destinata ad aggravarsi, anche in Algeria, che, pur beneficiando delle risorse energetiche, a differenza dei paesi petroliferi del Golfo, non produce sviluppo economico e sociale (disoccupazione giovanile al 46% e, sul quella totale, fino al 70%). Non mancano attese ed aspettative di miglioramento del clima sociale, per effetto della svolta che sarà impressa dai regimi democratici, che hanno sostituito quelli autoritari caduti, ma nessuno si può aspettare, a breve, un’inversione netta di tendenza, in materia di sviluppo economico, di lotta alla corruzione e di epurazione delle classi dirigenti responsabili del “sacco cleptocratico”. Riusciranno i responsabili delle nuove democrazie arabe ad imporre le riforme politiche necessarie ed a migliorare le condizioni economiche e sociali oppure, come ammoniva Alexis de Tocqueville, saranno travolti o si trasformeranno, anch’essi, in regimi oppressivi? Naturalmente, l’UE non può rimanere a guardare, anche perché il ruolo dei paesi della sponda Nord e delle organizzazioni economiche internazionali risulta determinante. Le discussioni, tra i membri UE, su come riformulare e su come rafforzare la politica euro-mediterranea, hanno almeno indicato i principali obiettivi da conseguire: 1) l’istitution-bulding: trasformazione democratica e consolidamento delle istituzioni; 2) un più forte collegamento operativo nella cooperazione con le popolazioni; 3) una crescita economica sostenibile ed equa. Altro discorso riguarda le modalità per perseguire questi obiettivi trasversali e che passano per: il criterio di differenziazione dei partner; il criterio di condizionabilità per le incentivazioni, chi dimostrerà di saper ben fare, riceverà di più (more for more); il criterio dell’estensione a tutti i partner dello statuto avanzato e il criterio del rafforzamento del dialogo politico, multilaterale e bilaterale, non solo con i governi, ma anche con le espressioni della società civile, anche per non cadere, di nuovo, nella trappola del sostegno a regimi autoritari, concepiti come bastioni della minaccia terroristica islamista. I fondamenti della riforma delle politiche mediterranee dell’UE sono: la promozione della democrazia e il sostegno ai processi di transizione nel Nord Africa, con politiche coerenti a tali obiettivi; il miglioramento qualitativo del sostegno economico, con una particolare attenzione al rafforzamento dei sistemi di istruzione e di formazione e alle aspirazioni socio-economiche delle popolazioni (un lavoro, un reddito, infrastrutture sociali); il bilanciamento delle iniziative di sviluppo tra i governi, che spesso si sono appropriati delle risorse a fini di arricchimenti personali, ed i privati e, laddove esistenti, le espressioni della società civile; il perseguimento diretto del benessere delle popolazioni, con programmi mirati; una politica unitaria dell’UE in materia di immigrazione e di immigrazione clandestina; il finanziamento e l’assistenza finanziaria per progetti infrastrutturali, anche privati; la realizzazione di una governance multilaterale dell’area mediterranea, conflitto arabo-israeliano e processi di transizione in atto, permettendo. Il ruolo della UE nel “Mediterraneo allargato” dipenderà anche dal futuro della NATO e dal rapporto tra l’UE e gli Stati Uniti. La trasformazione, cioè, della “pax americana” nella “pax cum America”, la quale, secondo alcuni autorevoli studiosi, sarebbe possibile solo se l’Unione Europea riuscisse a raggiungere un livello di coesione politica e una volontà di ricorrere, quando necessario, all’impiego della forza militare, tali da potersi trasformare in un partner credibile, affidabile ed efficace degli Stati Uniti.

 

 

 

Il ruolo del Mediterraneo nella geopolitica e nella geostrategia

 

Parte X

  

I rivolgimenti politici in Nord Africa e in Siria

 

L’instabilità geopolitica e geostrategica del “Mediterraneo allargato” ha avuto una conferma con i rivolgimenti politici nel Nord Africa, iniziati nel dicembre 2010, in Tunisia, e che hanno portato progressivamente alla caduta del regimi, personali ed autoritari, in Tunisia, del presidente Ben Alì; in Egitto, del presidente Mubarak e, in Libia, attraverso una guerra civile e l’internazionalizzazione della crisi libica, del colonnello Gheddafi, nonché, in Siria, alla crisi del regime della famiglia Assad, con sanguinose repressioni di massa e centinaia di morti civili, accadute anche in queste ultime settimane. Mentre altre manifestazioni antiregime restano, finora, nei limiti dell’ordine pubblico, in Algeria, in Giordania, in Yemen e nel Bahrein. Ma si tratta situazioni in ebollizione! Le ragioni di fondo sono sempre le stesse, precedentemente approfondite, che hanno subito un aggravamento con il processo di globalizzazione: disoccupazione giovanile e limitato sviluppo economico, crisi alimentare, urbanizzazione violenta, in una parola, profondo disagio sociale, non compreso, nella sua entità, dai regimi autoritari, che hanno risposto con una suicida repressione, finalizzata alla sola conservazione del potere dell’oligarchia dominante. Un particolare ruolo, anch’esso non colto dai regimi caduti, è stato quello svolto dalle comunicazioni di massa, dal web e dai social network, che hanno consentito, specie ai giovani arabi, di scambiarsi informazioni e giudizi, di aggregare il consenso e di organizzare prima le contestazioni in rete e, poi, le rivolte di massa in piazza. Tutta la politica euro-mediterranea dell’UE, dalle origini dell’Unione e, con maggior impegno, dal 1995, con il processo di Barcellona, fino all’istituzionalizzazione dell’UPM, finalizzata ad incentivare le riforme politiche dei paesi arabi del Mediterraneo e, attraverso la cooperazione multiforme, orientato allo sviluppo economico e sociale delle popolazioni, ha subito una pesante sconfessione. Si è imposto e si impone, quindi, un bilancio di questa politica, che, negli ultimi dieci anni, al di là della propaganda, non ha conseguito significative realizzazioni ed ha svelato l’errore di fondo dell’UE e degli Stati europei, nell’aver privilegiato la stabilità degli interlocutori politici della sponda sud del Mediterraneo, chiudendo gli occhi di fronte all’autoritarismo politico, alla repressione del dissenso e alla corruzione diffusa degli apparati di regime. Non che la politica di interrelazione con i regimi esistenti, nel breve, al fine di creare una reale interdipendenza economica tra i paesi della sponda Sud e della sponda Nord del Mediterraneo, non abbia prodotto un qualche risultato positivo, anche sui tentativi, purtroppo abortiti, di riforma politica (si ricorda, in tal senso, la pressione, nel 2005, degli Stati Uniti e dell’UE su Mubarak), ma, nel tempo lungo, l’aver prevalentemente privilegiato le esigenze di stabilità dei regimi, a svantaggio di riforme democratiche, da richiedere con fermezza, si è rivelato un errore storico, che impone oggi una radicale riforma delle politiche mediterranee dell’UE.