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Coniglio
Cosa ti piaceva prima? Le situazioni calme. Non subire le scosse. Non avere sorprese. Così infatti sistemavi. Una stanza in totale disordine poteva occuparti l’intera domenica. Tuo padre si portava tuo fratello a Villa Ada, tua madre di là, e tu rassettavi. Facendo sparire. Levando cose. Una di quelle domeniche per caso ti uscì fuori una bestemmia. Ti attraversò il cervello come un ferro da calza. Dopo non te ne liberavi. Anzi, più tentavi di distrarti, più il ferro ti affondava nelle meningi. E allora hai pensato che presto Dio sarebbe sceso dall’alto dei cieli per ridurti in un mucchietto di cenere. Non avevi il cane ma un paio di minuscole tartarughe d’acqua che arrivato l’inverno si addormentarono. Siccome non sapevi granché del letargo, credendole morte le hai infilate in una scatola di pastiglie Valda e le hai buttate nel cestino della spazzatura. Le hai ammazzate. Con la tua buona fede. Poi un giorno eri in villeggiatura. E c’era la contadina. Nera, con gli incisivi piombati. Prese il coniglio dalla gabbia. Per le orecchie. E lo sgozzò col coltello da cucina. Eri lì, pietrificato davanti a tutto quel sangue che fiottava, la tua bocca senza saliva. Il coniglio stramazzava e la contadina nera con le capsule nere rideva. E tu certe volte sei ancora lì, in piedi, le gambe come il granito, la sera che scivola sul mondo come una cappa asfissiante, senza colori.