Dødheimsgard

 

Sappiamo veramente poco della storia dei Dødheimsgard (DHG). Sono un fenomeno di nicchia a tutti gli effetti, con pochi ma buoni fans. Impossibile scriverne una biografia completa. DSC7966Tutto quello che si sa con certezza è che i DHG sono una band norvegese, nata nel 1994, e capitanata dal polistrumentista Vicotnik (nome di battesimo Yusaf Parvez). Inizialmente dediti a un black/death metal dal sapore tipicamente nordico, hanno, poi, virato verso sonorità più sperimentali e un’attitudine tipicamente progressive, con l’album “666 International”, Moonfog Production, 1999 (ascolta). La band ha pubblicato cinque dischi in vent’anni, e ciò, in fondo, è stato un bene, perché ha permesso ai ragazzi di mantenersi sempre su certi livelli e non scadere nella banalità, come spesso accade a
chi ha fretta di pubblicare un album o è pressato dai discografici per produrre musica quanto prima.p19bih03e71nfj1ktd6tn94g1e204 Dei cinque dischi, il più maturo, folle e sperimentale, è sicuramente l’ultimo, “A umbra omega”, Peaceville Records, 2015 (copertina a sinistra). Ci sono voluti otto lunghi anni per dare alla luce questo capolavoro. Un’eternità nell’ambiente discografico odierno, che divora emozioni alla velocità della luce e sforna dischi con impressionante velocità. Ma tutto ciò sembra non preoccupare minimamente i DHG, band troppo fuori dagli schemi, avanti e lontana da qualsiasi moda o modello preimpostato di musica. “A umbra omega” (ascolta) non è un disco dal facile ascolto, è tortuoso e per certi versi ostile, tenebroso e oscuro, maledettamente complicato nella sua intenzione (così come dichiarato dalla band in una delle rarissime interviste) di trasmettere all’ascoltatore il disagio e l’angoscia dell’essere umano al cospetto del proprio mistero. Definire “A umbra omega” un disco sarebbe un errore. Esso non è soltanto un disco, ma un’esperienza sonora allucinante e sontuosa, da vivere col fiato sospeso, da assorbire in ogni singola nota e lasciarsi travolgere. 1424_photoL’album si compone di cinque brani più una breve intro, per oltre un’ora di follia e sperimentazione, un’orgia di suoni e di emozioni difficilmente descrivibili con parole, dinanzi alla quale si annulla persino il concetto di recensione. Complesso nella struttura e vario nei generi in cui spazia, “A umbra omega” mantiene comunque salda una chiara impronta black metal, alla quale si uniscono, meticolosamente studiati in ogni dettaglio, pianoforti, sax, sonorità acustiche e industrial. Preannunciato dalla breve intro “The love divine” (ascolta), il capolavoro “Aphelion void” (ascolta) apre le danze all’insegna di un black metal brutale e claustrofobico, interrotto bruscamente da giri di pianoforte e carezze di sax, da momenti chitarristici melodici, ma mai dolci, quasi a disegnare uno scenario gelido e schizofrenico. La voce è tipica del metal più duro e, assieme agli strumenti, raffigura scenari oscuri e malinconici, capaci di soffocare l’ascoltatore. Momenti più introspettivi si alternano a brutali cavalcate metal, entrando in rotta di collisione e dando vita a un sound più unico che raro, geniale nella sua sfrontatezza. “God protocol axium” (ascolta), invece, si struttura intorno ad arpeggi di chitarra volutamente ossessivi, che sfociano in scenari tipicamente ambient e in cori a sfondo mistico. Di fondo, sempre un black metal possente, il cui compito sembra quello di dichiarare improvvisamente guerra ai momenti “leggeri” e catapultare gli strumenti verso la velocità, il rumore e la precisione quasi aritmetica. Altro picco di grande creatività lo si raggiunge in “Architect of darkness” (ascolta), in cui gli DHG si cimentanoddheimsgarddhg_live_band in un metal dal ritmo lento e quasi d’atmosfera, interrotto da cori cupi e maestosi. Il disco termina in bellezza con “Blue moon duel” (ascolta), quattordici minuti di evoluzioni sonore precise e meticolose, tra tempeste sinfoniche, cori come d’abitudine, trombe epiche e violentissime raffiche di adrenalina. “A umbra omega” è un disco decadente e devastante, anarchico, geniale ed estremo come pochi. E’ sicuramente uno dei momenti di maggiore creatività di questo acerbo 2015, probabilmente uno dei migliori dischi dell’anno, almeno per quel che riguarda il metal, ma (purtroppo?) destinato a un pubblico di pochi e raffinati ascoltatori. “A umbra omega” è pura arte, da ascoltare con meticolosità e attenzione, per comprendere a pieno le sue mille sfaccettature e influenze, la sua ambizione e mentalità d’avanguardia. Un disco che si può continuare ad ascoltare per mesi e trovare ad ogni ascolto nuovi aspetti e sonorità nascoste, tanto è terrificante in queste, quanto è avanti nella mentalità. Da comprare a scatola chiusa!

Pier Luigi Tizzano

 

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