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Il coraggio di scrivere
La difficoltà sta tutta lì. Nei dialoghi che si inceppano, nelle false ed edulcorate visioni che la gente ha su questo e su quello. Tutti a metafisicare. Tutti a costruire una saggezza fatta di stupidi proverbi retrivi, vuote asserzioni ascoltate già un milione di volte. Che al limite funzionavano negli Anni Novanta, poi però il mondo è cambiato. Esempio, l’amico di vecchia data che non capisce perché non hai ancora mai pubblicato un libro attraverso i canali ufficiali. La gente è convinta che la scrittura sia una cosa con cui svoltare. Bene. A riuscirci sono in pochi. Pochissimi rispetto alla moltitudine di penne che vive nascosta. Pochissimi e sempre gli stessi. E mica scrivono e basta. Fanno un sacco di altre cose. Tra cui andare in tv, possibilmente da Fazio. Guadagnare con la propria “arte” comporta obbligatoriamente la combinazione talento-rete di contatti. Il tutto, sia chiaro, misurabile poi sull’ascissa del lungo termine. Altrimenti basta vincere un concorso, e poi di nuovo eclissarsi, tornare al brulichio sommerso, alla macchia. Vanto da anni una dozzina di lettori ogni settimana, proprio qui, dove ognuno illusoriamente sembra potere in tutto-ma-proprio-tutto. Fossi in uno scaffale di Feltrinelli ne avrei altrettanti? Boh. Campo da anni di questo minimo successo, prima solo d’occasione, ora un filo più solido grazie alla fidelizzazione. E mi basta. Ecco, la fidelizzazione. La fidelizzazione è uno dei segreti per durare nel tempo. Anche quando non si è nessuno, insomma si è uno dei tanti, uno nel mucchio, dico. In fondo i veri frustrati non sono coloro che sfornano la torta nel chiuso silenzioso della loro cucina. Ma coloro cui, malgrado si dannino l’anima, l’impasto non riuscirà mai. Ecco, volevo dir questo.