Il ruolo delle donne nella costruzione dello Stato italiano è sempre stato considerato subordinato a quello maschile. Queste, infatti, nonostante la poca o nulla visibilità pubblica, non solo ebbero un ruolo rilevante in quel processo, ma furono numerose, di diverse estrazioni sociali e si dimostrarono volitive, determinate, con idee e progetti da costruire, impegnate direttamente nelle cospirazioni così come nelle lotte vere e proprie, anche se, in genere, con funzioni di organizzatrici – una delle poche che imbracciò il fucile fu Anita Garibaldi – passate poi, dopo l’unificazione, a ruoli di impegno sociale, a beneficio delle donne e dell’infanzia, per il riscatto sociale delle classi disagiate, per l’organizzazione e la promozione dell’educazione. Queste donne, senza esagerare, furono centinaia. Anche se, in gran parte, dimenticate, non mancarono di essere coraggiose protagoniste nelle vicende che portarono all’unificazione d’Italia. Sebbene, quindi, fossero state figure di primo piano in quel processo storico, sono finite troppo presto nel dimenticatoio, tanto che, i loro nomi risultano oggi quasi scomparsi dai manuali di storia e, dunque, sconosciuti ai più. Nella stragrande maggioranza dei casi, il loro apporto non si limitò alla partecipazione più o meno attiva alla fase di unificazione dello Stato italiano, ma proseguì nel tempo, concretizzandosi in iniziative di alto valore civile e sociale, in grado di far crescere la nuova nazione e di avviare la costruzione di una società più libera e giusta. Il percorso che trasformò un’idea nella realtà dell’Italia unita, dalla Lombardia alla Sicilia, fu contrappuntato dal progressivo coinvolgimento delle masse, dunque l’apporto femminile fu determinante in tutte le sue tappe. Questo percorso, però, si espresse in forme di partecipazione diverse, che lo resero meno “eroico” e, perciò, più oscuro e anche più facilmente oscurabile da parte degli stessi contemporanei. Il medesimo destino, del resto, che è sempre toccato nei secoli, e in parte ancora oggi, al ruolo della componente femminile, peraltro numericamente maggioritaria, in tutte, o quasi, le società umane. La storia delle donne e dell’Unità d’Italia è stata una storia scritta con un inchiostro invisibile. Una trama fitta e sottile di presenze operose, generose, importanti, anche se taciute, come spesso accade all’agire femminile. Le donne furono presenti attivamente nel processo risorgimentale e vi contribuirono con atteggiamenti diversi, coraggiosi e innovativi, con scelte di libertà. Una perpetrata omertà della storia e degli storici non ha reso loro giustizia. Giuseppe Mazzini nell’utopia universalistica della sua visione della realtà, manifestò posizioni aperte e rispettose circa l’importanza del ruolo della donna nella società, anche se ammise l’immaturità dei tempi affinché qualcosa potesse cambiare e la donna partecipare alla vita politica del Paese: “L’emancipazione della donna – scrisse Mazzini – sancirebbe una grande verità, di base a tutte le altre, l’unità del genere umano, e assocerebbe nella ricerca del vero e del progresso comune una somma di facoltà e di forze, isterilite da quella inferiorità che dimezza l’anima. Ma sperare di ottenerla alla Camera come è costituita, e sotto l’istituzione che regge l’Italia (la monarchia) è, a un dipresso, come se i primi cristiani avessero sperato di ottenere dal paganesimo l’inaugurazione del monoteismo e l’abolizione della schiavitù”. L’emancipazione della donna passò, senza dubbio, attraverso l’esperienza dell’associazionismo, che diffuse la pratica del dibattito e della democrazia. In questo senso, il “salotto” fu il primo strumento di apertura alla sua partecipazione e all’impegno intellettuale e civile. Fu in ambiti aristocratici e alto-borghesi, il cui livello culturale e l’internazionalità della formazione consentivano di produrre opinioni e confrontarle diffondendo così la passione per l’impegno sociale e civile, che ciò ebbe luogo. Nobildonne aprirono i loro salotti a letterati, patrioti e artisti, contribuendo, in modo sostanziale, alla creazione di un humus fertile alla diffusione dei fervori unitari e risorgimentali. Spesso simpatizzanti delle idee mazziniane, o vicine alla carboneria, come, poi, lo saranno alla teosofia, alla massoneria, esse hanno meno combattuto tra le barricate a colpi di moschetto, e più lavorato per la costruzione del paese civile. Nel salotto di via Bigli, ad esempio, la contessa Clara Maffei riunì patrioti e artisti, uniti dall’anelito di indipendenza e dall’ardore libertario, quegli stessi che, nel 1859, avrebbero imbracciato le armi contro l’aquila Asburgica. Filantrope più che patriote, quindi, fondarono ospedali, organizzazioni per l’assistenza alle minorenni, aprirono asili e scuole per affrancare le donne da quella indigenza di cultura che si traduceva in mancanza di libertà. Le sottili trame del femminile legarono fatti e persone e spesso, i destini di queste donne, si incrociarono o si sfiorarono. Alcune di esse sono entrate nei libri di scuola, come Anita Garibaldi, compagne di eroi, o astute strateghe dell’intrigo e della politica, come la Contessa di Castiglione. Altre contribuirono, con i loro sforzi e le loro idee, ad un’azione collettiva e diffusa in cui è difficile far emergere singole individualità. Sono prime forme di associazionismo intorno a veri e propri progetti politici, sono comitati di filantrope dedite ad un progetto sociale, sono gruppi di giornaliste e intellettuali riunite intorno ad un periodico, comitati clandestini di patriote e congreghe dal carattere religioso. Spesso queste storie si coloravano di episodi avventurosi e rocamboleschi, e queste non sempre famose eroine si destreggiavano vestendo, il più delle volte, panni maschili, nascondendosi sotto travestimenti e false identità. Se gli uomini del Risorgimento, quindi, furono i protagonisti dell’Unità politica del Paese, le donne, nell’ombra, operarono alla creazione dell’unità sociale e culturale della nuova e giovane Italia. Nel fare questo, avviarono, contemporaneamente, la prima riflessione sulla condizione femminile, cominciando ad elaborare l’identità della donna dell’Italia unita. Esse tracciarono la strada sulla quale avrebbero camminato le donne del futuro, quella stessa strada sulla quale, oggi, più di 150 anni dopo, esse sono ancora in cammino.