Nella Napoli borbonica si udiva sovente dire dai popolani: “Feste, farina e forca”, a significare il fatto che la durezza del regime monarchico fosse a volte addolcita, a modo di palliativo, da festeggiamenti e pane (panem et circenses) elargiti dai sovrani, per poi tramutarsi, quasi immediatamente, nelle abitudinarie persecuzioni e condanne a morte liberticide. Ciò che, mutate ovviamente le cose che è necessario mutare, è accaduto a Massa Lubrense durante la scorsa campagna elettorale. Feste danzanti per giovani amanti della disco, spettacoli con comici di grido e soubrette all’ultima moda, pranzi e cene luculliani, proposte benefiche o benevole che dir si vogliano, buone intenzioni delle quali si sa, è lastricata la strada che conduce all’inferno, donazioni spontanee (ma va là!) di affetto e stima, risoluzione immediata di qualsiasi tipo di problema, meglio di Wolf che risolve i problemi in Pulp Fiction, montagne di fogli di carta, da incenerire quel che rimane della Foresta vergine in Amazzonia, che sprizzano programmi politici, filantropici e caritatevoli, più ottimistici delle pagine del Candide di Voltaire, sfregamento di mani da parte di baristi che hanno visto moltiplicata la quantità giornaliera dei caffè offerti e bevuti, etcetera etcetera. Un gran carnevale, insomma, durante il quale, alla sera del Martedì grasso, sulla pira, invece del fantoccio di Re Carnevale, come accadeva sin dai tempi dei Medici a Firenze, sono stati immolati il buon senso e la decenza! Adesso, però, è cominciata la Quaresima ed è tempo di riflessioni per gli eletti, per i non eletti e per gli elettori, o, forse, sarebbe più giusto dire per i vincitori (gli eletti e i non eletti) e i vinti (gli elettori). Poiché, dunque, chi scrive appartiene suo malgrado alla categoria dei vinti (San Giovanni Verga, prega per noi!), questa sarà di seguito analizzata. Vorrei porre alla vostra attenzione, cortesi lettori, un dato di fatto: nel nostro Comune (sono massese, ergo parlo di Massa Lubrense, anche se ciò vale per le altre realtà) nonostante la presenza di ben due candidati locali, i “forestieri” abbiano raccolto oltre 2600 voti su 7.383 schede valide, voti i quali, guarda caso, sarebbero serviti ai nostri due candidati permettendo loro l’elezione. Ma non è questo il dato focale, soprattutto perché il voto è libera espressione, diritto e dovere del cittadino. Ognuno può e deve essere animato da sentimenti e idee, e riporre questi nella persona che crede possa meglio rappresentarlo. Questa è la vera democrazia, questa è la parafrasi un po’ romantica dell’articolo I della Costituzione allorquando recita che la sovranità appartiene al popolo. Ma è proprio a questo punto che comincio a rabbrividire, perché mi son reso conto che alle elezioni non è la volontà di tutti i cittadini ad essere espressa, ma piuttosto la volontà di alcuni cittadini (i cosiddetti notabili) i quali, animati da idee e sentimenti molto raramente romantici e troppo spesso di interesse (non soltanto, comunque, nella accezione negativa del termine) controllano e spostano gruppi più o meno consistenti di voti. Quindi, cortesi lettori, sapete quale è il problema? Il problema siamo noi stessi, forse troppo poco interessati a faccende che aprioristicamente giudichiamo male, critichiamo insensatamente, offendiamo. Quante volte avete voi stessi detto o sentito dire: “Sono tutti uguali, sono tutti ladri, è tutto uno schifo, ma che votiamo a fare”. Bene, è proprio questa l’origine della questione. La scarsa conoscenza, eufemismo per ignoranza, e il disinteresse. La politica è innanzitutto conoscenza e ragionamento. Conoscenza di idee, di uomini, di programmi politici, e ragionamento finalizzato ad una conoscenza intima e personale di ciò che sic et simpliciter si definisce “per chi o per cosa votare”. Dico questo perché sono purtroppo convinto che la maggior parte dei cittadini non si curino o non vogliano curarsi affatto di questi affari. Ed ecco che, dunque, peraltro inconsapevolmente, affidano quanto di più prezioso è stato loro concesso dalla forma di governo, o costituzione, per usare la definizione dello storico greco Polibio, democratica, ovvero la propria volontà, alla mercé dell’amico, del parente, del medico, del professore, dell’assessore, ai quali chiedono “per chi o per cosa dobbiamo votare?”. Per questo, cortesi lettori, io che, parafrasando Immanuel Kant, credo che l’uso della Ragione sia veramente “l’ultima pietra di paragone con la verità”, vi dico: svegliatevi, cominciate a ragionare, diventate padroni della vostra volontà, non affidate il vostro potere in mani altrui, siate voi a tessere il filo della vostre scelte, solo così diventeremo grandi, solo così infine, riferendomi al titolo di uno splendido quadro del pittore torinese Giuseppe Pietro Bagetti, al notturno che sovente oscura le menti, potremo noi stessi dipingere, effetti di luna.
Pubblicato a giugno 2005 su L’Indice – Mensile di approfondimento della Penisola Sorrentina