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Oltre il mondo, dentro l’esperienza

L’ambizione radicale della fenomenologia husserliana

 

 

 

 

La riduzione fenomenologica è il gesto teorico fondamentale con cui Edmund Husserl inaugura la fenomenologia come scienza rigorosa dell’esperienza. Non è semplicemente una tecnica filosofica, ma un vero e proprio cambio di prospettiva, un mutamento radicale dell’atteggiamento conoscitivo. Mettendo tra parentesi il mondo così come lo conosciamo abitualmente, Husserl cerca di accedere a un livello più profondo e originario dell’esperienza: il modo in cui i fenomeni si danno alla coscienza.
Il primo passo della riduzione è l’epoché, un termine ripreso dagli scettici antichi, che indica la sospensione del giudizio. Ma Husserl ne fa un uso del tutto nuovo: non si tratta di dubitare del mondo, come facevano gli scettici, quanto di astenersi dal prenderlo per scontato.
Nella nostra vita quotidiana, adottiamo ciò che Husserl chiama l’atteggiamento naturale: agiamo, pensiamo, sentiamo, parlando e vivendo come se il mondo che ci circonda esistesse in modo indipendente e oggettivo. Per Husserl, però, questa convinzione va messa “tra parentesi” (fenomenologicamente: bracketing) per poter analizzare come l’esperienza del mondo si costituisce nella coscienza.
Attraverso la riduzione, si passa a quello che Husserl definisce atteggiamento fenomenologico. Qui l’interesse non è più rivolto al mondo in sé, ma al modo in cui il mondo appare alla coscienza. In questa prospettiva, ogni oggetto – un albero, un numero, una paura – viene studiato non come entità in sé, ma come fenomeno, ovvero come dato intenzionale: qualcosa che appare a un soggetto.
Uno dei risultati fondamentali della riduzione è la scoperta dell’intenzionalità. Ogni atto di coscienza (percepire, ricordare, immaginare, giudicare) è sempre diretto verso qualcosa. Non esiste una coscienza “vuota” o isolata: la coscienza è sempre relazione, apertura, orientamento verso un oggetto, anche quando questo oggetto non esiste nel mondo reale (come nel caso dell’immaginazione o del ricordo).
Questa caratteristica strutturale della coscienza permette di studiare la costituzione del significato: come le cose acquistano senso per noi, in quanto soggetti esperienti.

Dopo la riduzione, ciò che resta non è un soggetto chiuso su sé stesso, ma un campo di esperienza in cui ogni oggetto è correlato alla coscienza che lo vive. Il mondo fenomenologico non è cancellato, ma riportato alla sua dimensione originaria: quella dell’esperienza vissuta.
Questo è ciò che Husserl intende quando parla di mondo della vita (Lebenswelt), cioè il mondo così come lo viviamo prima di ogni astrazione scientifica o teorica. Il compito della fenomenologia è analizzare come questo mondo prende forma per noi, come si “costituisce” nell’esperienza soggettiva.
Husserl concepisce la fenomenologia come una “scienza rigorosa”, non nel senso delle scienze naturali, ma come un sapere fondativo. La riduzione serve a portare alla luce le strutture originarie su cui si basa ogni forma di conoscenza: tempo, spazio, oggetti, numeri, valori, ecc. Non si tratta di spiegare il mondo, ma di chiarire come si dà un mondo alla coscienza. In questo senso, la fenomenologia vuole essere una filosofia prima, un punto di partenza certo e indubitabile per ogni altra disciplina. Non a caso Husserl parla della riduzione trascendentale come di un ritorno all’“Io puro”, non come individuo psicologico, ma come soggetto trascendentale, cioè condizione di possibilità di ogni esperienza e conoscenza.
La riduzione fenomenologica è stata al centro di molte critiche e interpretazioni. Alcuni, come Heidegger, l’hanno riformulata radicalmente, sostenendo che la coscienza non può mai essere isolata dal mondo. Altri, come Merleau-Ponty, hanno cercato di superare la dicotomia tra soggetto e oggetto recuperando il corpo come punto d’incontro tra coscienza e mondo. Nonostante questo, la riduzione rimane uno degli strumenti più potenti per interrogare il senso dell’esperienza e mettere in discussione le nostre convinzioni più profonde su ciò che è “reale”.
La riduzione fenomenologica, pertanto, non è un esercizio teorico fine a sé stesso. È una strategia per smascherare ciò che diamo per scontato, per tornare alle radici del nostro rapporto con il mondo. È il tentativo di capire come si costruisce il significato, come il mondo prende forma per noi, prima ancora che lo pensiamo, lo misuriamo o lo giudichiamo.