In questa Italia, ormai narcotizzata dalla televisione e dai modelli che questa propina, mi chiedo se sia il caso, oggi, nel venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, celebrare i carnefici invece delle vittime. Sì, perché, con molta tristezza, devo constatare come la maggior parte degli italiani si appassioni alle vicende di criminali, spesso identificandovisi, specialmente quando si vive in contesti di degrado morale e materiale, piuttosto che riflettere sul sacrificio di galantuomini, spesso abbandonati dalle istituzioni in balia di un potere che, si è scoperto, essere troppe volte in combutta con chi avrebbe dovuto garantire quei valori per i quali alcuni hanno dato la vita. Si fa sempre un gran parlare di coloro i quali settant’anni fa morirono, sulle montagne, per dare la libertà all’Italia. E perché? Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Boris Giuliano, Ninni Cassarà, Beppe Montana, Pietro Scaglione, Gaetano Costa, Carlo Alberto Dalla Chiesa, agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, non sono forse stati ammazzati per continuare a garantire a noi quella libertà? Ad ogni modo, in queste settimane la TV sta mandando in onda serie e fiction su mafia e malavita. Preparatevi ad altre lezioni di storia e di morale di questa Italia becera, ingrata e rincoglionita!!!
Facebook ha certamente la peculiarità di essere un social network molto facile da usare. Chiunque, anche se digiuno di qualsiasi conoscenza relativa alla costruzione di un sito, è in grado di pubblicarvi qualcosa di proprio. Purtroppo, la maggior parte degli utenti, non si rende conto che pubblicando post su Facebook rischia di mettere letteralmente “in piazza” la parte più intima di sé e, talvolta, degli altri. Innanzitutto, bisogna sapere che qualunque attività effettuata in Internet è registrata sui siti nei quali viene eseguita (da un minimo di 3 mesi a un massimo di 2 anni, in funzione della legislazione dello Stato di origine del gestore), e l’autore è, generalmente, sempre rintracciabile dagli organi preposti al controllo (Polizia Postale, Carabinieri, Guardia di Finanza) e, a seguito di un ordine di procedura, da parte dell’Autorità Giudiziaria. Per queste ragioni, è facilmente riscontrabile, social network la sostituzione ad una persona reale, creando un profilo fake. Questa è una tipologia di reato regolamentato dalla legge, che prevede la reclusione fino ad un anno ed è possibile procedere d’ufficio. Se l’autore danneggia l’immagine di un personaggio pubblico, pubblicando, ad esempio, frasi offensive che possono ledere la reputazione della persona, si può inoltre configurare il reato di diffamazione aggravata: tale illecito, punito dall’art. 595 c.p. con pene, nella forma aggravata, fino a 3 anni di reclusione, contempla l’inserimento di frasi ingiuriose, di notizie riservate, la cui divulgazione provoca pregiudizi, di foto denigratorie o, comunque, la cui pubblicazione ha ripercussioni negative, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta. La Cassazione, nel 2007, ha ritenuto che rientrasse in tale reato anche il comportamento di chi crea un falso account di posta elettronica, intrattenendo corrispondenze informatiche con altre persone e spacciandosi per persona diversa (quindi, come su Facebook). Anche se, per integrare il reato di cui all’art. 494 Codice penale, è necessario il fine di conseguire un vantaggio o recare un danno, tali requisiti sono intesi in modo molto ampio, come non comprensivi solamente di vantaggi e/o danni di tipo economico ed è molto facile ravvisarli nei casi concreti. E’ reato, dunque (anche su Facebook), spacciarsi per persona diversa, o utilizzare marchi, simboli e loghi per rappresentare ciò che non si è, o trarre in inganno altri utenti sulla propria professione. Gli articoli in questione sono: Art. 494 “Sostituzione di persona”.
Art. 498 “Usurpazione di titoli o di onori”. Art. 402 “Vilipendio della religione dello Stato”. Art. 403 “Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”. Art. 404 “Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose”. Il social network più utilizzato al mondo resta a guardare? La politica di Facebook è molto netta: è vietato creare profili falsi o doppi, non funzionali alle dinamiche della socializzazione. Fare chiarezza nel mare immenso dei profili (più di un miliardo) è fondamentale per mantenere la leadership di mercato, offrendo il miglior servizio possibile, sia agli utenti che ai professionisti del marketing. Per festeggiare il suo decimo compleanno, il social network di Mark Zuckerberg ha intensificato i controlli sui profili falsi (in gergo “fake”) o irregolari. Una vera rivoluzione, che ha iniziato ad avere effetto anche a livello locale, nella nostra zona: proprio in queste ultime settimane, infatti, tanti profili irregolari o palesemente falsi sono stati cancellati nella provincia di Napoli. Decine e decine di profili spariti dalla circolazione, ormai inutilizzabili: un trend costante, che vede svanire ogni giorno pagine aziendali impostate come “persone”. Un metodo molto utilizzato dalle aziende locali, perché più immediato e semplice per relazionarsi con gli amici-clienti, semplificando la promozione dei propri prodotti. Un metodo, però, irregolare e confusionario di fare promozione, a cui Facebook ha inteso fare la guerra. In conclusione, dietro l’anonimato è molto più facile dire ciò che si pensa oppure disturbare e molestare persone che poco ci piacciono, ma tale comportamento può sfuggire di mano, fino a provocare veri e propri danni, con conseguenze anche penali. Il tutto, in virtù della convinzione che l’anonimato o l’alterazione dell’identità siano un’armatura impenetrabile.